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96 episoderLa giornata della pace e le guerre dimenticate
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7934 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7934]
LA GIORNATA DELLA PACE E LE GUERRE DIMENTICATE di Anna Bono
Lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni, la loro cooperazione, la pace e la sicurezza mondiali sono tra i principali obiettivi delle Nazioni Unite. Per questo nel 1981 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di dedicare una giornata alla pace, dapprima celebrata ogni terzo giovedì di settembre e, dal 2001, sempre il 21 settembre.
Da allora la Giornata internazionale della pace ogni anno è occasione di eventi intesi a sensibilizzare sul problema della guerra e della violenza, sul contributo che ciascuno di noi può dare alla costruzione di un mondo in cui libertà e giustizia siano garantite a tutti gli esseri umani. Il tema scelto per quest'anno, Coltivare una cultura di pace, vuole sottolineare l'importanza di costruire società basate sul dialogo, l'empatia e il rispetto dei diritti umani. «La guerra inizia nella mente degli uomini e perciò è nella loro mente che si devono costruire le difese della pace». Il tema si è ispirato a questa convinzione che condusse alla creazione nel 1945 dell'Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura).
A partire dal 2001, almeno nelle intenzioni dei promotori, dovrebbe essere anche un giorno di tregua durante il quale i contendenti depongono le armi, in cui concordano, seppure per poche ore, un cessate il fuoco. Quest'anno sarebbe quanto mai necessario perché decine di milioni di persone nel mondo sono allo stremo delle forze e con loro le decine di migliaia di operatori umanitari che tentano di soccorrerli e di assisterli.
LA PROPAGANDA DI CHI CONTROLLA I MASS MEDIA
La distrazione e una visione ideologicamente orientata fanno sì che molti, forse la maggior parte della gente, pensino che siano due le guerre in corso in questo momento nel mondo: quella iniziata nel 2022 con l'invasione militare dell'Ucraina da parte della Russia e quella originata dall'attacco di Hamas alla popolazione civile israeliana il 7 ottobre 2023. Su entrambe si concentra l'attenzione con notizie quotidiane, analisi, reportage. Invece attualmente nel mondo si contano 41 conflitti armati: sei, tra i quali i due già citati, più cruenti e devastanti, con oltre 10mila morti tra militari e civili dall'inizio del 2023 e 35 "minori", alcuni dei quali classificabili come a bassa intensità, con meno di 10mila morti nello stesso arco di tempo. Esistono poi altre 15 aree di tensione nelle quali si verificano sporadici scontri, per lo più con poche vittime: ad esempio, quelli che tuttora scoppiano tra Corea del Nord e Corea del Sud e che hanno causato 12 morti nel 2023 e 30 dall'inizio del 2024, residuo di una guerra che però ha provocato tre milioni di morti. O quelli nell'ovest della Repubblica democratica del Congo, dove le vittime sono state 44 nel 2023 e 78 dall'inizio del 2024.
Quello in Sudan, tra due generali e i loro eserciti, è uno dei sei conflitti ritenuti più sanguinosi. La guerra è scoppiata nell'aprile del 2023. La ferocia dei contendenti è responsabile della più grande crisi umanitaria del mondo: oltre ai civili morti stimati, per difetto, in circa 25mila, 25 milioni di persone, metà della popolazione, bisognose di aiuto, 12 milioni di profughi, denutrizione endemica e la previsione che entro la fine dell'anno potrebbero morire di fame 2,5 milioni di persone. Della guerra in Sudan si parla poco. Si hanno ancora meno notizie su un'altra guerra, quella in Myanmar tra le forze governative e i movimenti popolari di resistenza. È incominciata nel 2021 quando i militari hanno preso il potere con un colpo di Stato. I morti dall'inizio del 2023 sono circa 30mila, le persone in difficoltà bisognose di assistenza sono quasi 18 milioni su un totale di 54 milioni di abitanti, i profughi superano i 2,6 milioni.
LA GUERRA SANTA ISLAMICA PROVOCA MORTI E MILIONI DI PROFUGHI
Si stimano in almeno 25mila anche le vittime del jihad, la guerra santa islamica, nel Maghreb e nel Sahel, uccisi da gruppi affiliati ad al Qaeda e all'Isis. I profughi sono milioni, impossibile un conto esatto, e ben 16 i paesi colpiti. Infine, del tutto ignorato dai mass media e dalle associazioni che organizzano le marce e le altre iniziative per la pace è il sesto conflitto, violentissimo, con quasi 20mila vittime in meno di due anni: quello contro i narcotrafficanti e tra i diversi cartelli della droga in Messico. Per il modo in cui la guerra è condotta, si contano inoltre decine di migliaia di dispersi, persone scomparse senza lasciare traccia.
Etiopia e Somalia sono tra i paesi in cui la guerra ha ucciso poco meno di 10mila persone dall'inizio del 2023. In Etiopia gli scontri sono tra esercito governativo e milizie etniche, al momento quelle Amara. Prima a sfidare il governo erano stati i Tigrini che nel 2020 hanno tentato di riprendere il potere. La guerra è durata due anni e ha fatto da 500 a 600mila morti. Invece la Somalia ha un non invidiabile primato, quello della guerra più lunga: è iniziata nel 1987 con la rivolta contro il dittatore Siad Barre e dopo la sua sconfitta si è trasformata in guerra tra clan, alcuni dei quali circa 20 anni fa hanno scelto di affiliarsi ad al Qaeda. Sudan, Myanmar, Etiopia, Somalia: sono conflitti interni, tra fazioni per il controllo dello Stato, per il potere, e per questo si chiamano "guerre civili". Civili, inermi, sono gli uomini, le donne, i bambini che costituiscono la maggior parte delle vittime.
Nella Giornata internazionale della pace si vorrebbe ovunque una tregua, ma non succede mai. Anche quest'anno nessuno ha accettato di deporre le armi.
24. sep. 2024 - 6 min
X sospeso in Brasile perchè Elon Musk si rifiuta di censurare
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7913 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7913]
X SOSPESO IN BRASILE PERCHE' ELON MUSK SI RIFIUTA DI CENSURARE
24 milioni di utenti non potranno più accedere all'ex Twitter a causa di una sentenza della Corte Suprema di Lula, provvedimento degno di una dittatura
di Stefano Magni
Non sospendi gli utenti che ti ordino di sospendere? Allora blocco tutto il social network nel mio paese. Questo è quanto è appena successo in Brasile: la Corte Suprema, venerdì 30 agosto, ha ordinato la sospensione di X, l'ex Twitter, dopo una battaglia legale durata mesi tra il proprietario del gigante dei social media, Elon Musk, e le autorità brasiliane, soprattutto il giudice supremo Alexandre de Moraes. Da domenica 1 settembre, circa 24 milioni di utenti non potranno più accedere al grande social network americano.
Venerdì, la maggioranza di un collegio di cinque giudici ha votato a favore del divieto dopo che Alexandre de Moraes ha chiesto alla Corte di rivedere la sua decisione. Elon Musk ha definito de Moraes un "dittatore". Il motivo ufficiale è che l'azienda americana non ha rispettato la scadenza fissata dal giudice de Moraes per nominare un nuovo rappresentante legale nel Paese. Perché però, non è stato nominato un rappresentante legale, in tempo? La settimana scorsa, Musk aveva chiuso gli uffici brasiliani della piattaforma, dopo che i membri del suo staff erano stati minacciati di arresto. Se avesse nominato un rappresentante legale, responsabile in Brasile di eventuali violazioni della legge, questi avrebbe rischiato l'arresto, molto probabilmente.
Una volta ordinata la sospensione completa di X nel paese, il giudice de Moraes ha anche stabilito una multa di 50mila reais (circa 8mila euro) per chiunque abbia usato "sotterfugi tecnologici" per aggirare il blocco, come una VPN, una rete privata virtuale.
LA LIBERTÀ DI PAROLA
Il contenzioso è iniziato ad aprile, quando ad X era stato ordinato di bandire oltre 140 account, tra cui alcuni dei più importanti opinionisti di destra brasiliani e membri eletti del Congresso nelle file dell'opposizione di centrodestra. X si è rifiutata di obbedire, affermando che questi ordini di rimozione sono di per sé illegali e incostituzionali. In risposta alla minaccia di sospensione, Elon Musk aveva dichiarato: «La libertà di parola è il fondamento della democrazia e uno pseudo-giudice non eletto in Brasile la sta distruggendo per scopi politici».
Mike Benz (Foundation for Freedom Online) osserva come la notizia della chiusura di X in territorio brasiliano non abbia suscitato alcuna protesta da parte delle autorità americane, sebbene vengano direttamente colpite da questo provvedimento. « Il governo brasiliano ha appena vietato X, il che significa che l'account dell'ambasciata statunitense in Brasile, @USAmbBR, è ora vietato in Brasile - scrive Benz - I brasiliani non possono nemmeno vedere l'account X dell'ambasciata, che non ha rilasciato una dichiarazione di condanna di quanto accaduto, non ha minacciato sanzioni, non ha minacciato di ridurre gli interessi commerciali degli Stati Uniti, non ha minacciato di eliminare i 200 milioni di dollari di assistenza governativa straniera al Brasile, niente di niente».
Oltre che il silenzio, Benz accusa l'amministrazione Biden di complicità: «Il governo degli Stati Uniti ha finanziato le Ong brasiliane, i think tank brasiliani, che hanno collaborato ad elaborare questi decreti di censura e che hanno fatto pressioni sul governo brasiliano affinché non facesse eccezione per i parlamentari eletti in Congresso, perché ciò sarebbe equivalso ad un lasciapassare per i parlamentari che diffondono disinformazione».
I PRECEDENTI ERANO DELLE DITTATURE
Altri paesi che hanno bloccato X (e precedentemente Twitter) entro i loro confini, sono: Cina, Russia, Iran, Myanmar, Corea del Nord, Turkmenistan e Uzbekistan. Il Brasile si unisce a questa breve lista, con la particolarità di essere l'unica democrazia. È l'ennesima prova della deriva autoritaria del Brasile di Lula, il presidente del Partito dei Lavoratori che, dopo la sua scarcerazione e vittoria elettorale, ora gode anche dell'appoggio di una magistratura politicizzata e schierata dalla sua parte. Un ribaltamento dei rapporti di forza rispetto al 2018, quando il presidente di destra Jair Bolsonaro aveva vinto grazie a un'inchiesta della magistratura che aveva distrutto il Partito dei Lavoratori. E anche grazie ai social, che in quegli anni, avevano contribuito a dare un'alternativa all'egemonia culturale della sinistra. Lula, insomma, si sta vendicando con gli interessi.
Fraser Myers, editorialista di Spiked!, nota come la tendenza a normalizzare il controllo sui social media e anche la censura propriamente detta stia infatti dilagando anche nelle democrazie. «La messa al bando di X in Brasile questa settimana e l'arresto del fondatore di Telegram Pavel Durov in Francia la scorsa settimana suggeriscono che la guerra globale alla libertà di parola online ha fatto un passo avanti. Mentre nuove leggi come l'Online Safety Act del Regno Unito e il Digital Services Act dell'UE minacciano le aziende tecnologiche con pesanti multe se non si piegano alla censura governativa, il divieto di X in Brasile suggerisce che potremmo iniziare a vedere un approccio ancora più aggressivo alle piattaforme di dissenso nei prossimi anni».
Anche la prossima amministrazione americana non promette bene, se dovesse vincere Kamala Harris a novembre. Il suo candidato vicepresidente, Tim Walz, ha dichiarato apertamente, in un'intervista alla Msnbc: «Non c'è alcuna garanzia di libertà di parola per quanto riguarda la disinformazione o i discorsi di odio, soprattutto per quanto riguarda la nostra democrazia». Lo diceva in mezzo a considerazioni sulla libertà di voto, sulla necessità di proteggere gli elettori dall'intimidazione online. Apparentemente è inoppugnabile. Ma il concetto, se allargato, porta a scenari brasiliani.
10. sep. 2024 - 12 min
Il padre di Telegram arrestato in Francia
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IL PADRE DI TELEGRAM ARRESTATO IN FRANCIA, MESSAGGIO A CHI NON CENSURA di Stefano Magni
Tutti o quasi sanno cosa sia Telegram, la app di messaggistica usata per comunicare in modo criptato e sicuro. La usa la gente comune, la usano molto i giornalisti perché i molteplici canali Telegram contengono informazioni in tutte le lingue del mondo. Anche il giornale online che state leggendo ha il suo canale Telegram. Ha 950 milioni di utenti in tutto il mondo.
Telegram è balzato agli onori della cronaca, all'improvviso, perché sabato 24 agosto, il suo amministratore delegato e co-fondatore, Pavel Durov, è stato arrestato a Parigi, appena arrivato all'aeroporto di Le Bourget, col suo aereo privato partito dall'Azerbaigian. Su di lui, che è cittadino francese, oltre che russo, pendono numerosi capi d'accusa della magistratura d'oltralpe che ha spiccato il mandato d'arresto: complicità in traffico di stupefacenti, terrorismo, frodi, riciclaggio di denaro, pedopornografia, diffusione non consensuale di immagini intime. Durov, personalmente, non ha preso parte a nessuno di questi atti criminali. Ma questi reati sono stati commessi da utenti di Telegram, nel corso dell'ultimo decennio. Perché il fondatore di una app di messaggistica viene ritenuto responsabile di tutto quel che fanno 950 milioni di persone che la usano gratuitamente in tutto il mondo? Perché Telegram non "modera" i contenuti che le autorità ritengono più pericolosi.
In particolar modo, secondo la televisione francese Tf1, la magistratura d'oltralpe ritiene che l'assenza di moderazione, di cooperazione con le forze dell'ordine e degli strumenti offerti da Telegram (numero usa e getta, la sua criptovaluta Ton, ecc.) lo renda complice di tutti i delitti che sono stati commessi dai suoi utenti, nel corso degli anni. Secondo l'avvocato di Durov, Dmitry Agranovskij, sarebbe come incriminare un produttore di auto perché le vetture da lui costruite vengono impiegate per commettere un crimine. In una nota emessa ieri sera da Telegram, l'azienda afferma che «Telegram rispetta le leggi dell'UE, incluso il Digital Services Act, la sua moderazione è in linea con gli standard di settore e in costante miglioramento». E inoltre ribadisce che: «È assurdo affermare che una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili degli abusi su quella piattaforma».
LA PROPAGANDA USA "MODERAZIONE" PER INDICARE LA CENSURA
Vi sono molti aspetti che restano oscuri in questa vicenda, prima di tutto sapremo solo a processo iniziato di cosa Durov sarà realmente accusato. Singolare, poi, che un imprenditore di successo e molto ben informato ignori che, una volta in Francia, possa essere arrestato perché in quel paese pende un mandato di arresto su di lui. Perché atterrare proprio nella capitale francese? Si sa anche che, in Azerbaigian, Durov abbia provato a contattare il presidente russo Vladimir Putin, ma senza successo. L'arresto è connesso a questo mancato incontro? La Russia è sicuramente esposta nel caso e dal Cremlino sono arrivate critiche alla magistratura francese: pare che Telegram sia anche la app di messaggistica preferita dalle spie russe, oltre che dalle compagnie private come la Wagner.
Ma Pavel Durov non può certamente considerarsi un uomo vicino a Putin, anzi, fin dal 2014 vive fuori dal suo paese d'origine perché, da co-fondatore sia di Telegram che di VK (la risposta russa a Facebook), aveva rifiutato di fornire le identità degli utenti dei suoi social network alle autorità di Mosca. La risposta del Cremlino era stata, di fatto, il sequestro di VK, che è passato nelle mani di oligarchi vicini al presidente. Paradossalmente viene arrestato in Francia per un'accusa molto simile a quella che gli veniva mossa in patria.
Stando però ai capi d'accusa rivelati dai media francesi, il caso di Pavel Durov si rivelerebbe molto simile a quello che riguarda Elon Musk e il suo social network X (ex Twitter). Le autorità europee stanno prendendo di mira le piattaforme che non sono "moderate". E «moderazione è la parola che la propaganda usa per indicare la censura», come ha dichiarato Elon Musk in una intervista. I Twitter files, i documenti interni all'azienda che il nuovo proprietario ha svelato, una volta preso il controllo, mostrano come i dirigenti, d'accordo con le autorità statunitensi, rimuovessero contenuti, li mettessero in ombra, nascondessero deliberatamente certi utenti ritenuti pericolosi e facessero di tutto per far passare certe tesi e non altre. Un intervento continuo, insomma e soprattutto unidirezionale: sempre allineato con i desiderata del Partito Democratico e contro la destra.
NESSUNA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE SARÀ GARANTITA
Musk ha rimosso, come promesso, questo tipo di controllo e le autorità americane, brasiliane, australiane ed europee stanno facendogli la guerra. La lettera di ammonizione mandatagli dal commissario Thierry Breton, in cui si minacciano misure contro X in Europa, precedeva di poche ore la conversazione di Elon Musk con il candidato Donald Trump. L'Ue e il governo britannico attribuiscono a X anche gran parte della colpa degli scontri etnici in Inghilterra di inizio agosto, come se un social network fosse non solo una bacheca dove esporre informazioni, ma un istigatore della violenza.
Anche Telegram è stato a lungo stigmatizzato, soprattutto dagli anni del Covid-19 in poi. Considerato prima uno strumento di diffusione delle idee dei no vax, poi uno strumento di guerra ibrida della Russia e da sempre come un mezzo di scambio di informazioni e soldi per chiunque volesse fare affari loschi. Perché "non modera", dunque non censura nessuno, nemmeno Trump, nemmeno i canali di anti-vaccinisti e neppure quelli dei cattolici più conservatori.
Nelle app di messaggistica si deve poter comunicare da persona a persona, con la certezza che nessun agente terzo sia in ascolto. Da questo punto di vista, la magistratura francese accusa Durov proprio per aver realizzato quel che un programma di messaggistica dovrebbe essere. Ma in un'epoca in cui un candidato vicepresidente americano [Tim Walz, il vice di Kamala Harris, N.d.BB] dice «contro il linguaggio di odio o la misinformazione, nessuna libertà di espressione sarà garantita», forse sono cambiate le priorità e anche i valori che contraddistinguono le società occidentali.
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Stefano Magni, nell'articolo seguente dal titolo "Elon Musk intervista Trump e l'Ue lo vuole censurare" spiega perché l'Ue non ammette che X non imponga la censura, come faceva Twitter che bloccò "a vita" il profilo di Trump.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 14 agosto 2024:
Elon Musk conversa in pubblico con Donald Trump, su X, il social network che si chiamava Twitter, prima che venisse comprato dal miliardario nato in Sudafrica. Chiaramente se l'uomo più ricco del mondo parla con l'ex (e aspirante prossimo) presidente degli Usa, il boom di ascolti è assicurato: la platea è stata di 73 milioni di utenti connessi. Un numero che continua ad aumentare esponenzialmente, visto che la conversazione è ancora ascoltabile sull'account di Elon Musk (più sotto il video con la versione integrale).
Di intervista non si può parlare, Musk non ha un taglio giornalistico e non aspira neppure ad averlo. Si trova poi d'accordo con tutto quel che dice l'interlocutore e dichiara sin dalla prima domanda che ha dato il suo sostegno alla campagna per la rielezione di Trump. È dunque più una conversazione organizzata per dare a Trump una vetrina in più, in cui presentare le sue idee, lontano dall'ostilità manifesta della quasi totalità dei media tradizionali. E i numeri parlano da soli: cresce la fiducia nel social network che vanta il maggior tasso di libertà di espressione, al tempo stesso crolla quella nei confronti delle testate tradizionali.
E libero da ogni laccio, il candidato repubblicano ha potuto spaziare in lungo e in largo sui suoi programmi politici. Affermando prima di tutto che la sua fede in Dio si è rafforzata, da quando è sopravvissuto al tentativo di attentato a Butler, in Pennsylvania. «A salvarmi è stato un intervento divino e di questo sono molto grato». Si è salvato solo perché si è voltato di scatto per illustrare un grafico sull'immigrazione, «un grafico che uso solo nel 20% delle volte in cui parlo in pubblico».
Sull'immigrazione, istigato da Musk, Trump ha sfoderato tutto il suo armamentario più politicamente scorretto, dicendo che il problema degli ingressi illegali dal Messico è che sono, appunto, illegali. Per cui, in quella massa di 20 milioni di persone entrate senza documenti si può nascondere di tutto, anche persone deliberatamente scarcerate dalle prigioni o dai manicomi criminali per essere mandati oltre confine. Sia Musk che Trump fanno presente che l'immigrazione non arriva solo dall'America latina, ma da tutto il mondo e che il Messico è solo una terra di passaggio. Con un passaggio che farà sicuramente discutere e allarmerà chi teme il discorso sulla sostituzione etnica, l'immigrato Musk e l'ex presidente concordano che gli Usa possono "sparire" sotto una massa di 50 o 60 milioni di arrivi, visto che il Nord America costituisce circa il 5% della popolazione mondiale e non sosterrebbe l'arrivo di immigrati da tutto il resto del mondo.
Il caos del confine meridionale è imputabile direttamente a Kamala Harris che aveva la delega sull'immigrazione, anche se ora pare del tutto estranea all'argomento e non voglia assumersi alcuna responsabilità. Durissimo, poi,
27. aug. 2024 - 14 min
Riassunto delle olimpiadi 2024: decadenza di un paese senza etica
VIDEO: Olimpiadi 2024 ➜ https://www.youtube.com/watch?v=p2Dmo2Fj7SE [https://www.youtube.com/watch?v=p2Dmo2Fj7SE]
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7890 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7890]
RIASSUNTO DELLE OLIMPIADI 2024: DECADENZA DI UN PAESE SENZA ETICA di Lorenza Formicola
La Francia ha aspettato cento anni per vedere di nuovo i Giochi in casa, e se non fosse stato per il passo indietro di Roma, probabilmente ne sarebbero passati altri cento. Adesso che però il sipario è calato su Parigi 2024, si può affermare con certezza che Macron ha fallito. Smanioso di impartire lezioni di grande strategia e geopolitica al mondo, non sperava, semplicemente, nella "tregua olimpica", ma nella capacità di rendere i Giochi una personale riconquista.
Olimpiadi che sono da sempre l'occasione che un Paese ha per lanciare nel mondo la sua immagine migliore e Macron vi ha investito tutto. Lo sport, si sa, ha una rilevanza geopolitica, oltre ad essere un fenomenale strumento di comprensione dei popoli. In politica estera, squadre, campioni e tornei sportivi permettono di incrementare soft power e visibilità. Macron ha voluto una Parigi 2024 a sua immagine e somiglianza, in una natura interamente woke, che è emersa in tutta la manifestazione, per mostrare al mondo la geopolitica dello sport capace di strizzare l'occhio al sentimento nazionale che il nuovo monarca francese sta forgiando depotenziando l'originaria connotazione del Paese.
Ma se immagine e consolidamento del potere erano tra i suoi obiettivi, ha finito per consegnare al mondo solo il profilo di un Paese frammentato, senza governo, senza identità, in balia di fratture sociali e culturali insondabili. Lontano dalla grandiosità promessa.
La cerimonia di apertura, studiata per quattro anni, doveva essere qualcosa d'innovativo, mai visto prima. Macron vi ha imposto fantasie e capricci personali per uno spettacolo scadente, ma costato miliardi a spese dei contribuenti di un Paese in fallimento, in sprezzo del popolo che lo ha bocciato tre volte, fragorosamente, nelle ultime tornate elettorali.
Ha inseguito una falsa percezione della realtà per fallire il tentativo dell'originalità: l'ultima cena queer oltre che blasfema, è una cosa già vista e rivista. Come se non bastasse, ha messo in scena la sanguinosa esecuzione della regina Maria Antonietta ricordando come la rivoluzione francese ha decapitato la famiglia reale cattolica. Provocazione o apologia dell'odio?
Certo è, che in un Paese, negli ultimi dieci anni, vittima privilegiata del terrorismo islamico, con marciapiedi, teatri, redazioni e chiese ancora grondanti sangue, è risultato qualcosa di tremendamente di cattivo gusto. Ecco che nella geopolitica di Macron, le Olimpiadi sono parse decisamente come il pretesto per mostrare altro che non lo sport.
TUTTO SBAGLIATO
Gli atleti non sono mai stati i protagonisti. Li abbiamo visti, già durante la cerimonia di apertura, abbandonati sui vaporetti come turisti sotto la pioggia. La delegazione di rifugiati su un barcone. E i riflettori tutti per nani, ballerine e mondo queer. Nessuno ha compreso il nesso con lo sport. Sembrava l'Eurovision, ma erano i Giochi di Parigi 2024. Difficile fare qualcosa di più brutto. Un'ipertrofia che ha visto inanellare un fallimento dietro l'altro.
Il più grande dispiegamento di forze dell'ordine non è stato capace di fermare il boicottaggio all'alta velocità francese che ha paralizzato Parigi per quattro giorni, e neanche quello dei cavi in fibra ottica tagliati per far saltare tutto. Sessantotto gli attacchi informatici che l'organizzazione dei Giochi ha subito nei quindici giorni di competizioni.
Gli immigrati irregolari che le autorità hanno provato a nascondere, come cumuli di spazzatura, per non disturbare le foto da copertina, e spediti lontano dalla Capitale, sono ritornati presto riallestendo una tendopoli enorme in Place de la Bastille. Un'autogestione anarchica surreale.
Nel frattempo, nei giorni scorsi un procuratore, su ordine di Macron, ha arrestato sei giornalisti spagnoli di CitizenGo. Tenuti in carcere per una notte, spogliati, anche le donne, perquisiti, privati di cibo e acqua e della possibilità di contattare avvocati e familiari, solo perché erano a Parigi a bordo di un autobus con su scritto, "basta attacchi contro i cristiani". Sono stati scortati per abbandonare la città insieme al loro slogan.
Parigi ha fallito pure la prova della Senna. Ha abolito le navette che vengono predisposte in tutte le Olimpiadi per gli spostamenti da un'arena all'altra. Inquinano, la motivazione ufficiale. A pagarne le spese gli atleti. Il metrò per ragioni di sicurezza ha chiuso sempre prima e prendere un taxi significava fare uno slalom costoso tra transenne, blocchi e controlli ad ogni angolo per proteggersi dalle minacce di attentati che non sono mancate.
L'IDEOLOGIA VERDE
Gli impianti sportivi scadenti, mai un secondo di silenzio che nello sport è prezioso e meraviglioso - c'era sempre un dj pronto con musichette varie -, e poi la Marsigliese infilata in ogni pausa tra una valutazione e l'altra dei giudici. Così neanche Pechino aveva fatto.
Dopo i cento anni di attesa per riavere i Giochi, Parigi s'era detta pronta a lasciare un'impronta indelebile. Con tanto di direttore per sostenibilità ambientale avrebbe dovuto fare scuola. Così è stato, ma per quello che è a tutti gli effetti il più grande boomerang che l'ecologismo potesse mai concepire. La sostenibilità non è sostenibile, è un'utopia falsa, malata e finanche pericolosa. È questo che racconta Parigi 2024 tra infezioni, malesseri vari e fughe. Mai s'è parlato così tanto, e così male, del villaggio olimpico in tutta la storia dei Giochi.
Concepito come il prototipo di città sostenibile del futuro, ha evidenziato tutti gli effetti collaterali dell'ideologia che a tanti, di ritorno a casa, è diventata più antipatica che mai. Letti di cartone, ma 300mila preservativi - di plastica - donati agli atleti. Tutto sporco, dozzinale, insopportabilmente caldo. Non si contano i condizionatori portatili che le varie squadre hanno voluto comprare per sopravvivere alle notti prima delle gare. La mensa, a basse emissioni e vegana, ha offerto cibo scadente, insufficiente, avariato. Persino manchevole di tutte le proteine, grassi e vitamine di cui un atleta ha bisogno. S'è sopperito con le consegne a domicilio dei ristoranti di zona. Ecologia, tagli e sacrifici per tutti.
Eppure non è così che Macron s'intrattiene con i suoi ospiti: le sue aragoste blu sono, da qualche giorno, nel mirino della Corte dei Conti. Il bilancio dei ricevimenti di rappresentanza della presidenza francese vede un buco di 8,3 milioni di euro. Cene luculliane per sé, sostenibilità per gli atleti che hanno preferito abbandonare il villaggio olimpico più brutto di sempre, per rifugiarsi in ritiri di squadra, o personali, in attesa che il calendario li chiamasse di gara a Parigi.
FALLIMENTO TOTALE
Il nostro Ganna, ciclista italiano su pista, si è trasferito in un rifugio alpino. La squadra di tiro con l'arco spagnola ha scelto il monastero cattolico Santa María de Bellpuig de les Avellanes. E quando l'hanno saputo, altri hanno fatto lo stesso.
Pellielo, veterano della nostra nazionale, ha organizzato un ritiro a casa sua per gli azzurri del tiro a volo. Dove ha pure una cappella, ché è importante ritirarsi in preghiera, ripete da anni. La delegazione inglese e statunitense si sono trasferite in resort di lusso in reazione all'ecologismo invivibile. Diverso, ma ugualmente di lusso, quello che hanno scelto i membri del Cio. Altri hanno, invece, ripiegato in appartamenti in affitto e più vicini agli impianti di gara.
Anche le medaglie, in metalli al 100% riciclati, sono le più scadenti di sempre: a Olimpiade non ancora finita, sono state mostrate perché rovinate come ferro vecchio di chissà quanti decenni.
Per chiudere hanno inscenato un futuro distopico immerso nell'oscurità, tra persone senza volto e una voce metallica dello speaker che arriva dal nulla: come negli incubi di Orwell. Il cavaliere che scende dal cielo è un ibrido tra uomo e animale. Il messaggio è quanto mai emblematico.
Decadenza è l'unica parola che viene fuori da Parigi 2024. Epica scarsa di un Paese senza etica. Un Paese piccolo, piccolo. Quante Olimpiadi come quelle di Parigi ci saranno ancora? E se è vero che i Giochi misurano i principi e le possibilità della contemporaneità, resta da chiedersi, dove va il Vecchio Continente?
Nota di BastaBugie: Paola Belletti nell'articolo seguente dal titolo "Il segno della croce di Novak Djokovic scuote le Olimpiadi anticristiane" sottolinea il gesto naturale del campione di tennis, noto per la carriera al top e per aver sfidato il politicamente scorretto non vaccinandosi per il covid.
Ecco l'articolo completo pubblicato sul sito del Timone il 5 agosto 2024:
«Ho dato cuore e anima per questo oro, il mio primo a 37 anni", ha detto al termine Djokovic, "sono felicissimo soprattutto per la mia Serbia. È stata una battaglia incredibile: quasi tre ore per soli due set». Così riferisce, come molte altre testate, anche Libero raccontando della vittoria sulla terra rossa parigina del campione serbo. Ha vinto contro il numero 3 del mondo, lo spagnolo Carlos Alcaraz, e così - realizzando una delle più grandi imprese dello sport - ha completato il suo ricco palmares, specchio di una carriera e di un talento eccezionali.
Dopo il match point Nole si è lasciato cadere a terra e ha fatto il segno della croce, rivolgendo sguardo e braccia al cielo. Eppure lui che conosce il mondo di quelli che contano dovrebbe saperlo: non sta bene parlare o riferirsi alla religione tra la gente per bene. Deve essergli sfugg
13. aug. 2024 - 12 min
Aggressioni a Pro Vita, la violenza che Mattarella non denuncia
VIDEO: Bologna: femministe bloccano Baby Olivia, insulti, urla e violenza ➜ https://www.youtube.com/watch?v=4nhDLZAP7-c [https://www.youtube.com/watch?v=4nhDLZAP7-c]
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7872 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7872]
AGGRESSIONI A PRO VITA, LA VIOLENZA CHE MATTARELLA NON DENUNCIA di Ermes Dovico
In Italia ci sono aggressioni di serie A e aggressioni di serie B, episodi che conquistano le prime pagine dei quotidiani per giorni diventando perfino casi politici e, invece, altri che spesso non valgono nemmeno un trafiletto nei media mainstream. Oppure, quando assurgono agli onori delle cronache, li si cataloga magari sotto titoli quali "scontri", "tensioni" et similia, che confondono vittime e aggressori.
Nella seconda categoria rientrano certamente le aggressioni, violenze, minacce di morte, eccetera, che vengono subite - ormai da anni - da Pro Vita & Famiglia. L'ultima vicenda di rilievo, in ordine di tempo, è quella avvenuta a Bologna, in piazza XX Settembre, appena otto giorni fa, venerdì 19 luglio. La onlus aveva una regolare autorizzazione per proiettare un video di tre minuti, Baby Olivia, prodotto dall'associazione americana Live Action e che la stessa Pro Vita ha doppiato in italiano, intendendolo mostrare in varie città del nostro Paese.
Si tratta di un video che mostra i passaggi principali dello sviluppo della vita umana dentro il grembo materno, dal concepimento fino al momento prima della nascita. La voce narrante fa presente che «la fecondazione stabilisce già il sesso, l'etnia, il colore dei capelli, degli occhi e molti altri aspetti di Olivia, che inizia a impiantarsi nell'utero della mamma circa una settimana dopo la fecondazione». Si spiega che già a 22 giorni si può sentire il battito del cuore del concepito, a sei settimane se ne può rilevare l'attività cerebrale, a nove lo si può osservare mentre si succhia il pollice, deglutisce, stringe le mani, si tocca il viso, respira, si distende. E così via. Un video semplice ed efficace, che dà conto del miracolo della vita umana, senza alcun tono fuori luogo.
UNA CONTRO-MANIFESTAZIONE NON AUTORIZZATA
Ma ad un gruppo di contro-manifestanti, non autorizzati, la proiezione di Baby Olivia non è andata giù. «Poco dopo l'inizio dell'evento - ha ricostruito Pro Vita in un comunicato - si è radunata nella stessa piazza una contro-manifestazione non autorizzata composta da centri sociali, collettivi femministi e i consiglieri comunali Giulia Bernagozzi e Mery De Martino del Pd e Detjon Begaj della Coalizione Civica. In un primo momento i contro-manifestanti hanno iniziato a disturbare la proiezione urlando con un megafono insulti come "bastardi", "pezzi di m...", "vaff...", per poi avvicinarsi al palco lanciando volantini e preservativi contro i presenti e tentando addirittura di manomettere i cavi di alimentazione dell'impianto audio». Si è levato anche un coro con minacce di morte, con tanto di rima. È quindi dovuta intervenire la polizia, per proteggere il palco e i manifestanti di Pro Vita. Nella serata del 19 luglio, la giunta - di sinistra - del Comune di Bologna è intervenuta con una nota, ma non per esprimere solidarietà a Pro Vita, bensì, all'opposto, per comunicare il proprio «sdegno» per un'iniziativa che attacca «la salute e l'autodeterminazione delle donne».
Il clima di odio emerso a Bologna, purtroppo, non è un caso isolato, ma appunto l'ultimo episodio di una lunga serie, che va dalle censure dei manifesti di Pro Vita in vari Comuni fino all'assalto, il 25 novembre 2023, alla sede romana dell'associazione, scampata ai tentativi di incendiarla solo per la presenza delle forze dell'ordine. Anche in quel caso, dai partiti di sinistra non si levò la voce di condanna che ci si sarebbe aspettati. Una mancanza che legittima di fatto chi compie queste violenze e ne alimenta di nuove e perfino più gravi. Ieri, per la cronaca, anche ad Ancona sono intervenute delle femministe per disturbare la campagna Baby Olivia.
DUE PESI E DUE MISURE
La logica dei due pesi e delle due misure emerge qui in tutta la sua evidenza. Sinistra e sistema mainstream urlano se il caso di violenza o presunta tale può tornare a proprio vantaggio politico-culturale, mentre solitamente tacciono, minimizzano o mistificano nel caso opposto. Per esempio, giustamente si è chiesta la condanna unanime del pestaggio subìto lo scorso 20 luglio da Andrea Joly, giornalista della Stampa, e operato da membri di Casa Pound. Ma non altrettanto è stato fatto, in questa e in altre occasioni, con Pro Vita e altri gruppi ed esponenti del mondo pro life e pro family. Anzi, vedi giunta Lepore, è avvenuto addirittura il contrario.
Sarebbe auspicabile che l'esempio venisse innanzitutto da una figura istituzionale come quella del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che da quando è al Colle si è espresso molte volte contro la violenza e un certo clima d'odio, come anche tre giorni fa durante la cerimonia del Ventaglio. Ma la violenza che il pensiero oggi dominante non considera tale, purtroppo, difficilmente fa capolino nei discorsi di Mattarella. Sarebbe invece auspicabile che il capo dello Stato usasse uno dei suoi periodici richiami contro la violenza anche per stigmatizzare quella violenza costante che si registra contro ogni tipo di iniziativa di sensibilizzazione riguardante i bambini nel grembo materno, come appunto - da ultimo - per l'aggressione a Bologna.
Se un tale richiamo avvenisse, renderebbe più credibile l'enfasi sul pluralismo, sul rispetto dell'altro, sul dialogo, sulla democrazia, eccetera, che si ritrova in genere nei discorsi di Mattarella. Aggiungiamo: anche il richiamo alla "scienza", tanto presente nell'era del Covid (fino ad alimentare la divisione sociale), diverrebbe più credibile, visto che video simili a quello di Baby Olivia si basano sull'evidenza biologica che mostra tutta l'umanità e l'essere persona del bambino nel grembo, fin dal momento del concepimento.
06. aug. 2024 - 6 min
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