
Liturgia e sacramenti - BastaBugie.it
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Gesù Cristo, unico salvatore del Mondo, continua ad agire oggi attraverso la sua Santa Chiesa
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8215 [https://www.bastabugie.it/8215] IL CANTO GREGORIANO GIOVA ALLA SALUTE DEL CORPO (E DELL'ANIMA) di John Horvat Una pratica ecclesiale di lunga data orientata all'adorazione di Dio è il canto di salmi e inni. Fin dai tempi più antichi, i monaci si impegnavano nel canto liturgico che completava la loro vita spesso faticosa. Questi monaci riuscivano a far fronte alle ore trascorse in coro e a provvedere alle loro necessità materiali. L'autore francese, il dottor Alftred Tomatis, racconta l'affascinante storia di come ha scoperto il "segreto" del vigore dei monaci in mezzo ai loro rigorosi programmi. Il dottor Tomatis, specialista dell'orecchio, racconta come un particolare monastero francese abbia seguito per secoli la regola di San Benedetto, che prevedeva diverse ore di canto al giorno. Dopo il Concilio Vaticano II, negli anni Sessanta, i monaci cambiarono le loro pratiche secolari. Smisero di cantare in latino ed esplorarono la possibilità di continuare a cantare in vernacolo. Quando non si raggiunse un accordo su come farlo, decisero di interrompere del tutto il canto e di sostituirlo con ministeri più aggiornati e forse più "pastorali", in linea con altre riforme dell’epoca. Il nuovo orario ebbe conseguenze importanti sulla vita dei monaci. Per secoli, i benedettini hanno prosperato dormendo poco. Ora, però, questi nuovi monaci erano affaticati e svogliati. Anche quando venivano concessi loro più ore di sonno, continuavano a essere costantemente stanchi. Si decise di cambiare la secolare dieta vegetariana per includere la carne, nella speranza di dare ai monaci più energia. Tuttavia, la loro salute non migliorò. Sembrava che non ci fosse modo di trovare la causa dei loro problemi e le soluzioni proposte sembravano solo peggiorare la situazione. A questo punto, il dottor Tomatis visitò il monastero per testare l'udito dei monaci. Fu sorpreso nel constatare che molti di loro soffrivano di problemi di udito. Esaminando la sequenza dei cambiamenti, stabilì che l'unico cambiamento relativo all'udito era la cessazione del canto dei salmi in coro. Raccomandò di riprendere il canto per vedere se le loro condizioni sarebbero cambiare. Quando i monaci tornarono alla loro vecchia routine di cantare le ore dell'ufficio, sperimentarono una trasformazione sorprendente. La maggior parte di loro divenne piena di energia e potè funzionare di nuovo con poco sonno. Non ebbero bisogno di una nuova dieta. Il canto gregoriano fu sufficiente a risolvere i loro problemi di salute. In un'intervista rilasciata a una radio canadese, il dottor Tomatis ha spiegato l'accaduto dal suo punto di vista professionale. Da tempo studia gli effetti dei suoni e delle frequenze su una persona. Ha detto che la corteccia cerebrale può essere "caricata" o stimolata positivamente da suoni come il canto gregoriano. Per questo motivo, riteneva che le sessioni quotidiane di canto portassero energia al corpo e alla mente dei monaci. La regolarità e il ritmo dei canti hanno un impatto che ordina il monaco e gli permette di fare cose straordinarie. Naturalmente, gli effetti fisici della musica sono solo una parte della storia. Tuttavia, è una parte affascinante in un mondo non credente che apprezza solo i benefici materiali. Altri esperti hanno studiato gli effetti del canto e hanno scoperto che può abbassare la pressione sanguigna e contribuire a ridurre l'ansia e la depressione. Eppure, la vera storia è l'impatto spirituale del canto sull'anima. Questa musica è soprannaturale in quanto eleva la persona verso il cielo e le cose di Dio. La sua bellezza riempie le anime di ammirazione e amore per Dio. Quando le pratiche di fede mettono in ordine l'anima, il corpo diventa naturalmente ordinato. La vera conclusione di questa storia non è che il canto gregoriano possa servire come ausilio per la salute. È che mettere in ordine l'anima dovrebbe essere la prima priorità. In seguito, tutto andrà al suo posto.

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8154 [https://www.bastabugie.it/8154] LA VISITA AL SANTISSIMO SACRAMENTO di Don Stefano Bimbi La visita al Santissimo Sacramento può essere una sfida, specialmente con tutte le distrazioni che ci sono nella vita quotidiana. Proprio per questo può diventare un'occasione unica per rientrare in contatto con Dio, lontano dalla frenesia quotidiana. Ma cos'è la visita al Santissimo Sacramento? È un atto di adorazione e di preghiera che si fa di fronte al Santissimo Sacramento, cioè l'Eucaristia, quando è custodita nel tabernacolo. È un momento di raccoglimento, di preghiera e di intima comunione con Gesù presente nell'Eucaristia. Si distingue dall'Adorazione Eucaristica che si fa quando il Santissimo è esposto con l'ostensorio sull'altare. Per fare la visita al Santissimo ti puoi inginocchiare o semplicemente stare in silenzio davanti al Santissimo Sacramento, pregando come preferisci. Non c'è un testo obbligatorio, ma spesso si usano preghiere come il Padre Nostro, il Ti adoro (del mattino o della sera a seconda dell'ora del giorno), l'Atto di Dolore, il Credo, o altre preghiere. Oppure si può anche pregare con le parole che lo Spirito Santo ci suggerisce, come ad esempio: "O Signore Gesù, che sei qui nel Santissimo Sacramento, ti adoro e ti lodo. Grazie per la tua presenza, ti offro il mio cuore e la mia vita. Rinnovo la mia fede in Te. Sostienimi nella difficoltà che sto vivendo. Ti affido questa persona a me cara...". La durata della visita dipende dal tuo desiderio di intimità con Dio. Puoi stare anche solo pochi minuti o per un periodo più lungo, ascoltando e riflettendo. La visita può essere anche breve, ma sarebbe importante che fosse fatta con regolarità. Alcuni la fanno una volta al giorno, altri una volta a settimana o in momenti particolari dell'anno come ad esempio la Quaresima. Ecco adesso alcuni consigli pratici. 1) SPEGNERE IL CELLULARE O METTERLO IN MODALITÀ "NON DISTURBARE" Questo è il primo passo per un incontro vero. Spesso il cellulare è la principale fonte di distrazione, con notifiche e messaggi che ci tirano fuori dal momento presente. Spegnendolo o mettendolo da parte, ti permetti di essere veramente "presente" e di concentrarti. 2) IMPOSTA UN TEMPO PER LA VISITA Decidi in anticipo quanto tempo dedicare. Può essere utile fissare una durata (esempio: 10 minuti o anche 5 oppure anche solo 3, l'importante è stabilirlo prima di entrare in chiesa). 3) PORTA UN ROSARIO O UN LIBRO DI PREGHIERE Anche se non è necessario, avere un rosario o un libretto con preghiere può aiutarti a concentrarti. A volte, la mente può vagare e un semplice rosario o una preghiera scritta ti aiuta a rimanere focalizzato. Deve però essere chiaro che la preghiera è libera per cui si può usare il tempo come si preferisce. 4) FAI SILENZIO INTERIORE Una volta entrato in chiesa prenditi un momento per respirare profondamente, liberarti dalle preoccupazioni e pensare che sei alla presenza di Qualcuno di molto speciale. Cerca di "spegnere" tutto dentro di te, proprio come hai fatto con il cellulare. 5) NON AVERE PAURA DEL SILENZIO Il silenzio può sembrare un po' inquietante, soprattutto oggi dove siamo sempre stimolati dai suoni e dalle immagini. Ma nel silenzio puoi davvero ascoltare Dio. Non sentirti obbligato a riempirlo con pensieri frenetici. Lascia che sia un momento di pace. 6) VIVI IL MOMENTO CON GRATITUDINE La visita al Santissimo è anche un'opportunità per esprimere gratitudine al Signore. Pensa a qualcosa per cui sei veramente grato a Dio in quel momento della tua vita. 7) FAI ATTENZIONE ALLA TUA POSTURA Non è un obbligo, ma stare in ginocchio può aiutarti nella preghiera.

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8044 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8044] IL CIELO E' SPENTO NELLE CHIESE MODERNE di Francesco Mori Perché le chiese moderne sono così fredde e spoglie? Quale concezione estetica pare avere ispirato i progettisti? Da quale fonte è stata originata la scomparsa pressoché totale dell'ornato? Queste domande accompagnano ormai da decenni chi entra in un edificio sacro di recente costruzione ed acquistano ancor più forza e urgenza se si confrontano le strutture contemporanee con le chiese, anche le più piccole e periferiche, costruite fino agli inizi del secolo scorso. Dietro ogni scelta formale si cela l'espressione di una spiritualità. Cercheremo in quest'articolo di individuarne la natura e l'origine. Nelle pagine de Il grande divorzio il genio di Clive Staples Lewis immaginò che un pullman di dannati partisse per un viaggetto fino in paradiso, per vedere come trascorresse la vita lassù. La comitiva, ben presto, si accorse con sorpresa che, rispetto al grigiore della tetra città che popolavano, e che pareva loro reale come il mondo conosciuto dell'aldiquà, lassù tutto era più nitido, colorato, denso e pesante, tant'è che la forza necessaria per alzare una singola foglia era pari a quella che serviva a spostare un grosso macigno all'inferno. Questo paradiso, in cui risultano potenziate tutte le caratteristiche della realtà creata, è davvero un'intuizione formidabile! A questa concezione se ne oppone frontalmente un'altra, oggi assai diffusa, che immagina l'aldilà come il luogo dell'evanescenza e della fusione inebetita delle anime in un'indistinta e accecante luminescenza, eternamente priva di mutazioni e di articolazioni. Si affrontano qui due differenti visioni del sacro: la prima di matrice cristiana e la seconda profondamente influenzata dalle religioni orientali, soprattutto l'induismo. UNA ANTICIPAZIONE DEL PARADISO In un vecchio catechismo della Conferenza episcopale toscana tutti i capitoli erano illustrati da splendidi quadri e antiche miniature, ma... solo la sezione sui novissimi si apriva con un quadro monocromo, giallino chiaro, percorso da linee orizzontali colorate. Sembrava proprio che per descrivere il nostro futuro eterno i vescovi - o i redattori del volume - non avessero trovato di meglio che questa illustrazione minimale e diafana. Da una simile scelta sorge il dubbio che la visione "orientale" dell'essere sia penetrata anche nella nostra cultura. A questa visione attingeva, non a caso, il primo testo teorico sull'astrattismo, scritto da Vasilij Kandinskij agli inizi del Novecento, che recava un titolo accattivante: Lo spirituale nell'arte. Questa contaminazione fa emergere l'urgenza di alcune domande capitali: a chi piacerebbe trascorrere la vita eterna perennemente abbagliato da un muto chiarore senza articolazioni e movimento? Chi si appagherebbe nell'infinita permanenza in questa sorta di eterna e monotona staticità, che assomiglia tanto al nulla? Chi anelerebbe a questa condizione esistenziale, avendo ancora negli occhi i colori del tramonto e dell'alba, la sorprendente vastità del mare, le foglie multicolori degli alberi in autunno e i visi dei propri cari? Bene: le chiese, almeno quelle cattoliche, sono sempre state concepite come un tentativo di creare uno spazio che prefiguri una sorta di sacrale anticipazione del paradiso. Spesso vi si ricapitolava in pietra, in oro o in colori, l'intero vastissimo universo creato, che andava così ad ornare capitelli, volte, nicchie, cornici, chiavi di volta ecc. Ecco allora comparire il ciclo dei mesi, la storia umana, le età dell'uomo, le foglie d'acanto, le fiere, gli animali, i pesci, i pianeti, in pratica tutto il cosmo, da cui saliva a Dio lode e venerazione, poiché anch'esso attende con impazienza, come ci insegna San Paolo, la rivelazione dei figli di Dio (vedi Rm 8,19). Sicuramente questa concezione artistica si riallaccia armonicamente allo spirito che anima le pagine di Lewis. LA VISIONE MINIMALISTA DELLA SPIRITUALITÀ La visione "minimalista" della spiritualità pare invece aver plasmato e nutrito di sé gran parte della produzione artistica moderna, che in campo architettonico si caratterizza per la totale assenza di ornato e di decorazione. Volumi essenziali, superfici piatte e lucide, selve ortogonali di pilastri di grigio cemento hanno infatti ispirato e tuttora ispirano l'estetica delle costruzioni moderne. Bisogna tristemente registrare che tale impoverimento formale, è penetrato massicciamente anche nella prassi progettuale delle chiese e degli edifici di culto. La chiesa di Dio Padre Misericordioso realizzata a Tor Tre Teste a Roma da Richard Meier, il Gesù Redentore di Modena di Mauro Galantino e la chiesa di San Paolo a Foligno, meglio nota come "il cubo di Fuksas" (vedi immagine), sono le ultime, discutibili riedizioni peggiorate e corrette di idee che si vanno attuando fin dagli anni '60 del Novecento e che hanno reso i nostri luoghi di culto spazi tutt'altro che piacevoli da frequentare. Attualmente rimane - luminosa creazione di un genio solitario - soltanto la straordinaria epopea del cantiere della Sagrada Familia di Barcellona, quale ultimo baluardo di bellezza ed equilibrio tra ornato e calcolo strutturale, anche se non sono mancati negli anni numerosi tentativi di semplificare in senso astratto le formidabili intuizioni di Antoni Gaudí. Le forme delle chiese contemporanee sembrano infatti esprimere più la spiritualità minimalista orientale che abbiamo esaminato in apertura che quella formulata magistralmente nelle acute pagine de Il grande divorzio e nella mirabile produzione architettonica dei secoli passati. È giunta pertanto l'ora di un appello urgente: rimettiamo negli occhi e nei cuori del popolo di Dio il desiderio di abitare un giorno in una dimensione che potenzi e compia la natura della creazione e il destino dell'uomo! Questa è la missione dell'arte e dell'arte sacra in particolare: rendere capaci gli uomini di dare una "sbirciatina" in paradiso, non di inebetirli in un asettico Nirvana.

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7972 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7972] LE DIECI ''C'' FONDAMENTALI PER LA CONFESSIONE di Manuela Antonacci La comunione e la confessione [...] sono due sacramenti essenziali per la vita di un cattolico. Tuttavia fondamentale è la giusta disposizione con cui ci si accosta ad entrambi. Ed ecco 10 dritte importanti, fornite su Catholic Exchange da padre Ed Broom, grande esperto di spiritualità. 1) CHIAREZZA Un segno evidente dell'azione dello Spirito Santo sono la chiarezza e la trasparenza. Al contrario, l'azione del Maligno è caratterizzata dalla confusione, dall'ambiguità e dall'incertezza: "Il vostro parlare sia sì sì e no no". 2) CONCISIONE (SINTETICITÀ) Le confessioni non devono essere lunghe perché non vanno confuse con la direzione spirituale. L'essenza del sacramento consiste semplicemente nel dichiarare i nostri peccati. Non nel girarci intorno: bisogna essere diretti e sintetici. 3) CONCRETEZZA Un'altra qualità essenziale per una buona confessione sacramentale è la concretezza. Non basta dirsi peccatori ma è necessario confessare pensieri, parole e azioni peccaminose, insieme alle circostanze e all'intento con cui si è agito. 4) COMPLETEZZA La Chiesa stabilisce nel Diritto Canonico e nel Catechismo che di tutti i peccati mortali bisogna indicare la frequenza con cui li si è commessi. Ad esempio, se si perde deliberatamente la Santa Messa della domenica, allora il numero di volte in cui si è mancato di soddisfare al precetto dovrebbe essere specificato. 5) CONTRIZIONE Perché una confessione sacramentale sia legittima ed efficace, ci deve essere una vera contrizione del cuore. In altre parole, dobbiamo essere pentiti e disposti a rinunciare ed evitare il peccato in futuro. È necessario, per questo, chiedere la grazia della vera contrizione del cuore per fare confessioni valide. 6) CONDANNA Dobbiamo essere saldamente fondati nella convinzione che il Signore ci ama veramente e che vuole ciò che è meglio per noi. La sua misericordia e il suo amore sono veramente più potenti del nostro peccato, e qualsiasi pensiero contrario può essere condannato. 7) CORREZIONE La correzione è consequenziale alla contrizione. Dobbiamo essere disposti, con la Grazia di Dio, a correggere le nostre cattive azioni, a compiere i passi necessari per correggerci ed evitare qualsiasi persona, luogo o circostanza possa facilmente rinchiuderci nella trappola del peccato. 8) COMPENSAZIONE C'è una parte della confessione molto importante che è la penitenza che il sacerdote assegna e che va rispettata. Se abbiamo danneggiato la proprietà di qualcuno o il suo buon nome, allora deve essere perseguita una qualche forma di risarcimento. Ciò rientra nella virtù cardinale della giustizia, ovvero del dare a ciascuno ciò che gli è dovuto. Anche se è impossibile "ripagare Dio" per le offese commesse contro di Lui, possiamo, tuttavia, attraverso la nostra penitenza, mostrare di voler fare un atto di buona volontà. 9) CONVERSIONE Uno dei frutti più efficaci della Confessione è la conversione, l'allontanamento dal peccato e la conversione al Signore. Sono tutte cose che dipendono sì dalla grazia di Dio, ma anche dalla nostra disponibilità a corrispondere a questa grazia. La confessione è veramente un incontro con Gesù, perché Lui, il Medico Divino, è l'unico che può veramente guarire le nostre anime. Il Vangelo è pieno di episodi in cui vediamo Gesù che guarisce e risana anche i grandi peccatori. Santa Maria Maddalena aveva sette demoni: Gesù non solo l'ha guarita, ma l'ha trasformata in una grande santa. 10) CONFIDENZA (FIDUCIA) Uno degli insegnamenti più importanti del Diario di suor Faustina. Parole di Gesù misericordioso è che Gesù insiste sul fatto che tutti, specialmente i peccatori più incalliti, debbano avere una fiducia illimitata nella Sua infinita e inesauribile Misericordia e che persino il più grande peccatore possa diventare il più grande santo, a una condizione: fiducia nella Misericordia del Sacro Cuore di Gesù. Nel dipinto dell'Immagine della Divina Misericordia, Gesù ha insistito affinché le parole "Gesù, confido in Te" fossero scritte sul dipinto stesso. Per questo è necessario avvicinarsi al Sacramento della Confessione, con fiducia infinita e illimitata. «L'abbondanza della grazia che riceveremo» - sottolinea padre Broom - «sarà proporzionale alla nostra fiducia nella misericordia del Sacro Cuore di Gesù».

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7959 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7959] IL MORTO HA BISOGNO DI SUFFRAGI, NON APPLAUSI di Don Stefano Bimbi Il mese di novembre è un periodo propizio per ricordare il filo che lega vivi e morti. Coloro che stanno espiando la loro pena nel Purgatorio hanno bisogno della nostra preghiera che può alleviare e abbreviare la loro pena. Nella Divina Commedia le anime del purgatorio si avvicinano a Dante chiedendo di essere ricordate ai loro cari sulla terra perché preghino per loro. Questo aiuto spirituale si chiama suffragio. La parola viene dal latino suffragium, che significa voto. Se ci si pensa quando alle elezioni si parla di suffragio ci si riferisce all'azione di votare oppure anche al diritto di voto. Comunque per quello che qui ci interessa il suffragio indica in modo particolare l'aiuto offerto alle anime dei defunti tramite l’intenzione che il sacerdote applica loro nella Messa. Così come ha ricevuto il potere di consacrare, il sacerdote ha ricevuto anche il potere di destinare un particolare beneficio del sacrificio di Cristo a favore di una determinata intenzione. Certamente anche i fedeli possono pregare durante la Messa secondo le loro particolari intenzioni. Ma il sacerdote agisce in persona Christi, identificandosi con Cristo. Quando pronuncia le parole consacratorie del pane e del vino è in realtà Cristo che le pronuncia attraverso le labbra e l'intenzione del sacerdote. Altrettanto avviene per la destinazione del sacrificio per un'intenzione particolare che diventa quella di Cristo stesso. Ci si potrebbe chiedere se l'usanza di offrire sacrifici in espiazione dei peccati dei defunti sia nata dopo la venuta di Cristo oppure se ci sono tracce in tal senso nell'Antico Testamento. Ebbene la risposta si trova nel secondo libro dei Maccabei dove si legge che Giuda «fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato» (2Mac 12,45). Con la venuta di Cristo si porta a perfezione questo sacrificio veterotestamentario con il vero e unico sacrificio del Figlio di Dio che muore sulla croce. L'INTENZIONE PER PIÙ DEFUNTI Quando le persone mi chiedono di applicare l'intenzione della Messa per un particolare defunto sono desiderose di sapere se possono farlo per più defunti oppure per uno soltanto - e chiedono se in tal caso "costa di più". Occorre innanzitutto precisare che la relativa offerta va al sacerdote, non alla parrocchia (come accade per tutte le altre: quelle raccolte a metà Messa dai fedeli, quelle delle candele, delle benedizioni delle case e qualunque altra offerta). Le offerte per le intenzioni della Messa sono le uniche che percepisce direttamente il sacerdote perché in quel momento lui rinuncia alla sua intenzione per offrire quella del richiedente. L'offerta è libera e, al limite, è compito dei vescovi stabilire la cifra massima che un sacerdote può chiedere per cui non si tratta di fissare il "prezzo" della Messa, semmai mettono semplicemente un tetto massimo a protezione dei fedeli da eventuali, rarissimi, abusi. In genere il sacerdote non chiede una cifra, ma se il fedele lo domanda questi può dirgli appunto l'offerta stabilita dal vescovo. Naturalmente un fedele può dare anche una cifra minore in base alle sue disponibilità e il sacerdote è comunque obbligato a celebrare la Messa per la sua intenzione. Per tornare alla domanda se un'intenzione possa essere per più defunti e se in tal caso "costa di più", rispondo con la storiella della mela: comprando una mela, questa non costa più o meno a seconda se a mangiarla siamo in una, due, tre o più persone. Una mela costa sempre lo stesso, anche se ovviamente più sono le bocche da sfamare, più piccolo sarà lo spicchio che toccherà a ciascuno. Questo esempio banale serve per dire che siccome il beneficio che traiamo dalla Messa è finito, gioviamo maggiormente ad un defunto se applichiamo solo per lui che associandolo ad altri. Questo non perché il sacrificio di Cristo abbia un valore finito, bensì infinito. Ma è finito il beneficio che noi ne traiamo. Come il sole che ha un potere enorme di riscaldare ma, se siamo lontani da lui, il beneficio che ne ricaviamo è minore. Ci si potrebbe chiedere se quando il sacerdote applica la Messa a un particolare defunto sia necessario che, durante la consacrazione, pensi esplicitamente al defunto. In realtà la risposta è no, essendo sufficiente che prima della Messa sappia per chi celebra. Per questo si usa ricordare il nome dei defunti per i quali viene offerta quella Messa all'inizio oppure al momento della preghiera dei fedeli. Comunque l'attenzione del sacerdote è quella richiesta comunemente in tutte le nostre azioni. Ad esempio quando mangiamo pensiamo a molte cose e parliamo di mille cose. Tuttavia sappiamo bene che cosa stiamo mangiando, anche se non ci pensiamo quando portiamo il cibo alla bocca. Durante la consacrazione il sacerdote, ad esempio, può essere immerso nella preghiera fervorosa per il Santissimo Sacramento, ma nonostante questo l'intenzione viene correttamente applicata al defunto che anzi ha meriti accresciuti dal fervore del sacerdote. VIETATI ELOGI E APPLAUSI Infine va ricordato che l'omelia durante una Messa in suffragio non dovrebbe mai trasformarsi in un elogio del defunto. La predica deve rimanere centrata sulla fede e sulla speranza nella risurrezione, piuttosto che diventare un discorso celebrativo. Bisogna parlare della misericordia di Dio per l'anima del defunto e della consolazione per coloro che soffrono per la perdita. Sono inoltre sconsigliati gli interventi alla fine della Messa dove parenti o amici fanno discorsi strappalacrime o che suscitano l'applauso. Scriveva acutamente l'allora cardinal Ratzinger: «Là, dove irrompe l'applauso per l'opera umana nella liturgia, si è di fronte a un segno sicuro che si è del tutto perduta l'essenza della liturgia e la si è sostituita con una sorta di intrattenimento a sfondo religioso» (J. Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, Sanpaolo, Cinisello Balsamo 2001). La casa del Signore non è un teatrino e la S. Messa non è una performance artistica. Per questo sono assolutamente fuori luogo gli applausi (anche in occasione di matrimoni, battesimi, funerali, ecc.). Si applaude agli uomini, mentre l'adorazione è il giusto atteggiamento nei confronti di Dio: per questo in chiesa, la casa di Dio, non si applaude mai, nemmeno agli uomini perché siamo lì per adorare e lodare Dio, non per celebrare gli uomini. Riccardo Muti, per vent'anni direttore musicale del Teatro alla Scala di Milano, sul Corriere della Sera del 27 giugno 2021 denunciava gli applausi in chiesa affermando: «Sono cresciuto in un mondo in cui ai funerali c'era un silenzio terrificante. Ognuno era chiuso nel suo vero o falso dolore. Per i più abbienti c'era la banda che eseguiva lo Stabat Mater di Rossini o marce funebri molfettesi, famose in Puglia. Quando sarà il mio turno, vorrei che ci fosse il silenzio assoluto».
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