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Commento teologico-pratico al vangelo della domenica (e delle feste liturgiche più importanti dell'anno)

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Omelia XIV Domenica T. O. - Anno C (Lc 10, 1-12, 17-20)

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8204 [https://www.bastabugie.it/8204] OMELIA XIV DOMENICA T.O. - ANNO C (Lc 10,1-12.17-20) di Giacomo Biffi   Dopo aver ricordato, nel capitolo 9, la missione degli Apostoli, l'evangelista Luca, in questo capitolo decimo, ci racconta la missione del gruppo più numeroso dei discepoli. La prima, nel numero dodici degli inviati, richiamava le tribù di Israele; la seconda, col numero settantadue, richiama tutta l'umanità: settantadue era infatti il numero dei popoli della terra secondo l'elenco dell'antico Libro della Genesi.  Le due missioni sembrano dirci che, se la salvezza deve essere proposta prima di tutto al popolo ebreo, deve però arrivare fino ai confini del mondo. Designò... li inviò...  Anche per questa missione, come per quella degli Apostoli, Gesù non lascia ad altri la decisione. È lui che sceglie, che incarica, che manda. Tutto ciò perché risulti chiaro e incontestabile che nel piano di salvezza ogni autentica missione è un dono dall'alto e che nel disegno di Dio gli uomini non sono salvati dall'iniziativa di altri uomini ma dall'amore del Padre. Tanto è vero che, se gli operai scarseggiano in questa divina impresa, non ad altri ci si deve rivolgere ma al Signore di tutto: Pregate il Padrone della messe, per ché mandi operai per la sua messe.  È interessante poi esaminare quali siano le istruzioni che ricevono gli inviati di Gesù.  1. Non devono essere impacciati dalle ricchezze, non devono cercare gli appoggi delle potenze mondane (siano esse politiche, economiche, sindacali o dell'informazione) perché la loro forza sta tutta nella parola di Dio che annunciano e nella grazia di Dio di cui sono ministri.  Badate che Gesù non dice che devono parlare troppo della loro povertà o presentarla come un manifesto pubblicitario. Dice che devono essere poveri, e se lo sono silenziosamente, nascostamente, dignitosamente, tanto meglio.  2. Non salutate nessuno lungo la strada. In Oriente il saluto tra due che si incontrano nel loro cammino può consistere in ore di conversazione. Gesù dunque non dice che i suoi inviati devono essere scortesi, ma che non devono lasciarsi distrarre dall'adempimento della loro missione né devono prestare eccessiva attenzione alle opinioni, alle chiacchiere, alle critiche, alle lodi ambigue di chi non è per niente interessato all'annuncio del Regno di Dio. La loro prima e più grande attenzione è verso il Padre che li ha incaricati e verso il compito che hanno ricevuto.  3. Ma non devono farsi illusioni: saranno sempre agnelli in mezzo ai lupi. Se restano discepoli fedeli del Signore, devono aspettarsi incomprensioni e calunnie.  4. Essi portano una cosa preziosa, cioè l'annunzio di salvezza. Lo devono offrire, ma non devono sprecarlo. Se qualcuno non lo vuole, peggio per lui. Non devono mendicare il favore e l'accoglimento degli uomini. Non è il Vangelo ad aver bisogno degli uomini, ma sono gli uomini ad aver bisogno del Vangelo, un bisogno profondo, ardente, disperato, anche se non ne sono sempre consapevoli. Non bisogna scendere di prezzo o portare per forza nel Regno di Dio coloro che si rifiutano di entrarvi.  5. L'operaio è degno della sua mercede. Gesù vuole che gli inviati da lui siano normalmente a tempo pieno. Non prende neppure in considerazione il caso di un apostolo che continui a fare il suo lavoro o a vivere con la sua famiglia: il lavoro unico dell'apostolo è l'annuncio del Regno, la sua famiglia è la comunità che è edificata dalla sua parola di salvezza.  A questa comunità Gesù affida il sostentamento materiale dei suoi incaricati. Quelli che capiscono il valore del dono che ricevono, saranno lieti di obbedire a questa direttiva del Signore. A quelli che non capiscono nessuno domanda niente.  6. Dite loro: "È vicino a voi il Regno di Dio". Che cosa devono dire i discepoli? Essi devono soprattutto e in primo luogo annunciare il Regno di Dio, che è vicino, che è imminente, a cui tutti dobbiamo prepararci con la conversione, verso il quale dobbiamo tendere con desiderio fiducioso. LA NOSTRA PREGHIERA PER GLI APOSTOLI DEL SIGNORE  Queste sono le istruzioni di Cristo a coloro che egli manda come suoi portavoce tra gli uomini. La nostra meditazione si deve ora mutare in preghiera.  Preghiamo perché gli operai della vigna del Signore non manchino. Preghiamo perché siano sempre fedeli ai comandi che hanno ricevuto. Noi non abbiamo bisogno di annunciatori della parola che cambino il Vangelo con la scusa di adattarlo al nostro tempo, ma di annunciatori che tentino ogni giorno, magari riuscendoci poco, di cambiare se stessi per essere ogni giorno più conformi al Vangelo che non cambia.

01 jul 2025 - 5 min
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Omelia solennità SS. Pietro e Paolo (Mt 16,13-19)

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8203 [https://www.bastabugie.it/8203] OMELIA SOLENNITA' SS. PIETRO E PAOLO (Mt 16,13-19) di Papa Benedetto XVI   Siamo riuniti attorno all'altare per celebrare solennemente i santi Apostoli Pietro e Paolo, principali Patroni della Chiesa di Roma. [...] Davanti alla Basilica di San Pietro, come tutti sanno bene, sono collocate due imponenti statue degli Apostoli Pietro e Paolo, facilmente riconoscibili dalle loro prerogative: le chiavi nella mano di Pietro e la spada tra le mani di Paolo. Anche sul portale maggiore della Basilica di San Paolo fuori le mura sono raffigurate insieme scene della vita e del martirio di queste due colonne della Chiesa. La tradizione cristiana da sempre considera san Pietro e san Paolo inseparabili: in effetti, insieme, essi rappresentano tutto il Vangelo di Cristo. A Roma, poi, il loro legame come fratelli nella fede ha acquistato un significato particolare. Infatti, la comunità cristiana di questa Città li considerò come una specie di contraltare dei mitici Romolo e Remo, la coppia di fratelli a cui si faceva risalire la fondazione di Roma. Si potrebbe pensare anche a un altro parallelismo oppositivo, sempre sul tema della fratellanza: mentre, cioè, la prima coppia biblica di fratelli ci mostra l'effetto del peccato, per cui Caino uccide Abele, Pietro e Paolo, benché assai differenti umanamente l'uno dall'altro e malgrado nel loro rapporto non siano mancati conflitti, hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli, vissuto secondo il Vangelo, un modo autentico reso possibile proprio dalla grazia del Vangelo di Cristo operante in loro. Solo la sequela di Gesù conduce alla nuova fraternità: ecco il primo fondamentale messaggio che la solennità odierna consegna a ciascuno di noi. [...] TU SEI PIETRO Nel brano del Vangelo di san Matteo che abbiamo ascoltato poco fa, Pietro rende la propria confessione di fede a Gesù riconoscendolo come Messia e Figlio di Dio; lo fa anche a nome degli altri Apostoli. In risposta, il Signore gli rivela la missione che intende affidargli, quella cioè di essere la «pietra», la «roccia», il fondamento visibile su cui è costruito l'intero edificio spirituale della Chiesa. Ma in che modo Pietro è la roccia? Come egli deve attuare questa prerogativa, che naturalmente non ha ricevuto per se stesso? Il racconto dell'evangelista Matteo ci dice anzitutto che il riconoscimento dell'identità di Gesù pronunciato da Simone a nome dei Dodici non proviene «dalla carne e dal sangue», cioè dalle sue capacità umane, ma da una particolare rivelazione di Dio Padre. Invece subito dopo, quando Gesù preannuncia la sua passione, morte e risurrezione, Simon Pietro reagisce proprio a partire da «carne e sangue»: egli «si mise a rimproverare il Signore: ... questo non ti accadrà mai». E Gesù a sua volta replicò: «Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo...». Il discepolo che, per dono di Dio, può diventare solida roccia, si manifesta anche per quello che è, nella sua debolezza umana: una pietra sulla strada, una pietra in cui si può inciampare – in greco skandalon. Appare qui evidente la tensione che esiste tra il dono che proviene dal Signore e le capacità umane; e in questa scena tra Gesù e Simon Pietro vediamo in qualche modo anticipato il dramma della storia dello stesso papato, caratterizzata proprio dalla compresenza di questi due elementi: da una parte, grazie alla luce e alla forza che vengono dall'alto, il papato costituisce il fondamento della Chiesa pellegrina nel tempo; dall'altra, lungo i secoli emerge anche la debolezza degli uomini, che solo l'apertura all'azione di Dio può trasformare. LE PORTE DEGLI INFERI NON PREVARRANNO E nel Vangelo di oggi emerge con forza la chiara promessa di Gesù: «le porte degli inferi», cioè le forze del male, non potranno avere il sopravvento, «non praevalebunt». Viene alla mente il racconto della vocazione del profeta Geremia, al quale il Signore, affidando la missione, disse: «Ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno - non praevalebunt -, perché io sono con te per salvarti» (Ger 1,18-19). In realtà, la promessa che Gesù fa a Pietro è ancora più grande di quelle fatte agli antichi profeti: questi, infatti, erano minacciati solo dai nemici umani, mentre Pietro dovrà essere difeso dalle «porte degli inferi», dal potere distruttivo del male. Geremia riceve una promessa che riguarda lui come persona e il suo ministero profetico; Pietro viene rassicurato riguardo al futuro della Chiesa, della nuova comunità fondata da Gesù Cristo e che si estende a tutti i tempi, al di là dell'esistenza personale di Pietro stesso. SIMBOLO DELLE CHIAVI Passiamo ora al simbolo delle chiavi, che abbiamo ascoltato nel Vangelo. Esso rimanda all'oracolo del profeta Isaia sul funzionario Eliakìm, del quale è detto: «Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire» (Is 22,22). La chiave rappresenta l'autorità sulla casa di Davide. E nel Vangelo c'è un'altra parola di Gesù rivolta agli scribi e ai farisei, ai quali il Signore rimprovera di chiudere il regno dei cieli davanti agli uomini (cfr Mt 23,13). Anche questo detto ci aiuta a comprendere la promessa fatta a Pietro: a lui, in quanto fedele amministratore del messaggio di Cristo, spetta di aprire la porta del Regno dei Cieli, e di giudicare se accogliere o respingere (cfr Ap 3,7). Le due immagini – quella delle chiavi e quella del legare e sciogliere – esprimono pertanto significati simili e si rafforzano a vicenda. L'espressione «legare e sciogliere» fa parte del linguaggio rabbinico e allude da un lato alle decisioni dottrinali, dall'altro al potere disciplinare, cioè alla facoltà di infliggere e di togliere la scomunica. Il parallelismo «sulla terra... nei cieli» garantisce che le decisioni di Pietro nell'esercizio di questa sua funzione ecclesiale hanno valore anche davanti a Dio. LEGARE E SCIOGLIERE Nel capitolo 18 del Vangelo secondo Matteo, dedicato alla vita della comunità ecclesiale, troviamo un altro detto di Gesù rivolto ai discepoli: «In verità vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo» (Mt 18,18). E san Giovanni, nel racconto dell'apparizione di Cristo risorto in mezzo agli Apostoli alla sera di Pasqua, riporta questa parola del Signore: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23). Alla luce di questi parallelismi, appare chiaramente che l'autorità di sciogliere e di legare consiste nel potere di rimettere i peccati. E questa grazia, che toglie energia alle forze del caos e del male, è nel cuore del mistero e del ministero della Chiesa. La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di peccatori che si debbono riconoscere bisognosi dell'amore di Dio, bisognosi di essere purificati attraverso la Croce di Gesù Cristo. I detti di Gesù sull'autorità di Pietro e degli Apostoli lasciano trasparire proprio che il potere di Dio è l'amore, l'amore che irradia la sua luce dal Calvario. Così possiamo anche comprendere perché, nel racconto evangelico, alla confessione di fede di Pietro fa seguito immediatamente il primo annuncio della passione: in effetti, Gesù con la sua morte ha vinto le potenze degli inferi, nel suo sangue ha riversato sul mondo un fiume immenso di misericordia, che irriga con le sue acque risanatrici l'umanità intera. HO COMBATTUTO LA BUONA BATTAGLIA Cari fratelli, come ricordavo all'inizio, la tradizione iconografica raffigura san Paolo con la spada, e noi sappiamo che questa rappresenta lo strumento con cui egli fu ucciso. Leggendo, però, gli scritti dell'Apostolo delle genti, scopriamo che l'immagine della spada si riferisce a tutta la sua missione di evangelizzatore. Egli, ad esempio, sentendo avvicinarsi la morte, scrive a Timoteo: «Ho combattuto la buona battaglia» (2 Tm 4,7). Non certo la battaglia di un condottiero, ma quella di un annunciatore della Parola di Dio, fedele a Cristo e alla sua Chiesa, a cui ha dato tutto se stesso. E proprio per questo il Signore gli ha donato la corona di gloria e lo ha posto, insieme con Pietro, quale colonna nell'edificio spirituale della Chiesa. [...]

24 jun 2025 - 9 min
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Omelia dell'Ascensione - Anno C (Lc 24,46-53)

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8180 [https://www.bastabugie.it/8180] OMELIA DELL'ASCENSIONE - ANNO C (Lc 24,46-53) di Don Stefano Bimbi   Celebriamo la Solennità dell'Ascensione, un momento che non è solo un "arrivederci" di Gesù al cielo, ma un passaggio decisivo che ci coinvolge direttamente. Il Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato ci presenta un Gesù che, prima di salire al Padre, affida ai discepoli una missione e una promessa. LA MISSIONE DI CRISTO: SOFFERENZA, RISURREZIONE E PERDONO Gesù inizia spiegando ai discepoli che il suo percorso - la sofferenza, la morte e la risurrezione - non è stato un caso, ma il compimento di un disegno divino. Nel suo nome, il perdono dei peccati deve essere annunciato a tutti i popoli, a partire da Gerusalemme. Questo ci ricorda che la fede non è solo un'esperienza personale, ma è anche una chiamata a far parte della missione della Chiesa di portare al mondo intero la buona notizia. Tu sei chiamato non solo a ricevere il perdono di Cristo, ma a portarlo agli altri, ovunque tu sia. Come stai vivendo la chiamata a essere testimone del perdono di Cristo nella tua vita quotidiana? C'è qualcuno nella tua cerchia - un familiare, un collega, un amico - che ha bisogno di un ascolto attento, una parola di incoraggiamento, un atto di riconciliazione? A chi puoi annunciare il Vangelo perché si converta a Cristo? San Francesco d'Assisi è un modello potente di come vivere questa missione. Non si limitò a predicare con le parole, ma con la sua vita. Fu un esempio di umiltà. A chi lo elogiava diceva di essere la persona peggiore di tutte, perché se Gesù ne avesse trovata una peggiore avrebbe scelto lei per far risaltare meglio la sua potenza. Inoltre andò incontro ai lebbrosi e ai poveri per portare il conforto di Cristo. Volle persino incontrare il sultano d'Egitto per convertirlo al Vangelo. Non riuscì a portarlo alla vera Fede, ma avendolo favorevolmente impressionato ottenne il permesso per i cristiani di visitare i luoghi santi. Da allora la Custodia francescana di Terra Santa permette la presenza cristiana nei luoghi di Gesù. TESTIMONI CON LA VITA Gesù aggiunge: "Di questo voi siete testimoni". Essere testimoni non significa solo parlare di Gesù, ma vivere in modo che la nostra vita racconti la sua presenza. In un mondo che spesso ci spinge a competere, a emergere, a pensare solo a noi stessi, essere testimoni di Cristo significa scegliere la via dell'amore come donazione, dell'onestà come rispetto degli altri, della generosità verso gli altri come risposta alla generosità di Dio verso di noi. Pensa a una situazione concreta: al lavoro, quando tutti cercano di fare carriera a scapito degli altri, tu puoi scegliere di collaborare con umiltà. Oppure, sui social, dove spesso prevalgono critiche e giudizi, tu puoi condividere parole che costruiscono. Un esempio straordinario è San Giovanni Bosco, che ha dedicato la sua vita ai giovani di Torino, spesso emarginati e senza futuro. Con il suo sorriso e la sua dedizione, ha mostrato loro che Dio li amava. Ogni ragazzo che ha incontrato è diventato per lui un'occasione per testimoniare Cristo. E tu, in quali momenti della tua giornata puoi essere un testimone credibile di Gesù? Quali scelte puoi fare per far vedere che la tua fede non è solo parole, ma vita? LA FORZA DELLO SPIRITO E LA GIOIA DELLA LODE Prima di salire al cielo, Gesù promette ai discepoli la "potenza dall'alto", lo Spirito Santo, e li invita ad aspettare la Pentecoste con fiducia. E loro, dopo l'Ascensione, tornano a Gerusalemme "con grande gioia", lodando Dio. Questo ci insegna due cose: primo, che non siamo soli nella missione; secondo, che la Fede è fonte di una gioia che nessuno può toglierci. Lo Spirito Santo è la forza che trasforma le nostre paure in coraggio, le nostre incertezze in speranza. E la gioia? È il segno che Cristo è con noi, anche quando non lo vediamo. San Filippo Neri, noto come il "santo della gioia", nel XVI secolo trasformava le strade di Roma in un luogo di festa e preghiera. Organizzava pellegrinaggi, incontri e momenti di allegria per i giovani, mostrando che la fede è motivo di felicità profonda. La sua capacità di ridere e far ridere, anche in tempi difficili, ci sfida: come puoi portare la gioia del Vangelo nei tuoi ambienti, magari con un sorriso o un gesto di speranza? Quali momenti della tua giornata o della tua settimana dedichi a lodare Dio, magari attraverso la preghiera, la Messa o mettendo in pratica le opere di misericordia corporali e spirituali? Conosci le opere di misericordia corporali e spirituali? Prendi l'impegno di metterne in pratica una alla settimana e poi verifica se lo hai fatto. UNO SGUARDO AL CIELO, I PIEDI SULLA TERRA L'Ascensione non è la fine della storia di Gesù, ma l'inizio della nostra missione. Cristo sale al cielo, ma ci promette il dono dello Spirito Santo e ci invita ad essere suoi testimoni, portare il suo perdono, vivere con gioia. Il mondo ha bisogno di qualcuno che ricordi la salvezza portata da Gesù. Qualcuno che indichi le realtà del Cielo. Non dobbiamo aver paura di essere diversi, di scegliere la via di Cristo in un mondo che spesso va in un'altra direzione. Come i discepoli dobbiamo tornare alla nostra "Gerusalemme" - la famiglia, il lavoro, le amicizie - con grande gioia, sapendo che lo Spirito ci guida. Preghiamo Maria, Regina degli Apostoli, affinché ci aiuti a vivere questa missione con coraggio e amore. E ora, prenditi un momento per rileggere il brano e rispondere in silenzio alle domande proposte sopra. Chiediti infine: Cosa mi sta dicendo Gesù oggi? Come posso rispondere alla sua chiamata con la mia vita? Che lo Spirito Santo ti guidi e ti doni la gioia di essere suo testimone!

28 may 2025 - 7 min
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Omelia VI Dom. di Pasqua - Anno C (Gv 14,23-29)

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8176 [https://www.bastabugie.it/8176] OMELIA VI DOM. DI PASQUA - ANNO C (Gv 14,23-29) di Don Stefano Bimbi   Il Vangelo di questa sesta domenica di Pasqua ci invita a entrare in un dialogo intimo con Gesù, che ci parla di amore, fedeltà, presenza divina e pace. È un discorso denso, che tocca il cuore e interpella la nostra vita quotidiana. Visto che siamo immersi in un mondo frenetico e spesso confuso, queste parole ci offrono una bussola per orientarci verso ciò che davvero conta. L'AMORE SI FA OBBEDIENZA "Se uno mi ama, osserverà la mia parola". Gesù inizia con un'affermazione chiara: amare Lui significa osservare la sua parola. Non si tratta di un amore romantico o astratto, ma di un amore concreto, che si traduce in scelte, azioni e fedeltà. Osservare la parola di Gesù significa vivere secondo i suoi insegnamenti, anche quando è scomodo o controcorrente. Questo può significare scegliere l'onestà in un contesto lavorativo competitivo, perdonare un amico che ti ha ferito o dedicare tempo alla preghiera in una giornata piena di impegni. Quando vivi così, Gesù promette che il Padre ti amerà e che loro "prenderanno dimora" in te. È un'immagine potente: Dio non è lontano, ma vuole abitare nel tuo cuore, essere parte della tua vita. Pensiamo a San Francesco d'Assisi. Nato in una famiglia benestante, avrebbe potuto vivere una vita comoda e spensierata. Invece, ha scelto di ascoltare la parola di Gesù, spogliandosi di tutto per seguire il Vangelo alla lettera. La sua obbedienza era gioiosa, perché scaturiva dall'amore per Cristo. La sua vita mostra che osservare la parola di Gesù non toglie libertà, ma, al contrario, la rende piena. Nella tua vita quotidiana, quali sono le "parole" di Gesù che trovi più difficili da mettere in pratica? Perché? C'è una situazione in cui senti di dover fare una scelta coraggiosa per essere fedele a ciò che Gesù ti chiede? Come puoi affrontarla? LO SPIRITO SANTO, GUIDA E MEMORIA "Il Paràclito vi insegnerà ogni cosa". Gesù sa che non possiamo farcela da soli. Per questo promette il dono dello Spirito Santo, il Paràclito, che significa "colui che sta accanto". Lo Spirito non è un concetto astratto: è la presenza viva di Dio che ti illumina, ti consola e ti ricorda le parole di Gesù nei momenti di smarrimento. Se ti trovi a dover prendere decisioni importanti nella tua vita lo Spirito Santo è lì per guidarti, se gli dai spazio attraverso la preghiera e l'ascolto. È come un navigatore interiore che ti aiuta a ritrovare la strada quando sei confuso. Santa Teresa di Lisieux, la "piccola Teresa", visse una vita apparentemente semplice, ma profondamente guidata dallo Spirito. Nella sua autobiografia, racconta come lo Spirito le insegnava a fare piccoli atti d'amore con grande cuore, anche nelle difficoltà del convento. La sua "piccola via" è un esempio di come lo Spirito può ispirare anche le vite più ordinarie a diventare straordinarie. Quando hai sentito, magari in un momento di preghiera o riflessione, una "luce" o un'intuizione che ti ha aiutato a capire meglio la tua strada? Come puoi coltivare l'ascolto dello Spirito nella tua vita quotidiana? Ci sono momenti in cui ti senti smarrito o confuso? Come puoi affidarti allo Spirito Santo per ritrovare chiarezza? LA PACE DI CRISTO E' DIVERSA DA QUELLA DEL MONDO "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi". In un mondo che associa la pace all'assenza di problemi o al successo materiale, Gesù offre una pace diversa, profonda, che non dipende dalle circostanze esterne. È la pace che ci viene donata nella confessione quando ci vengono rimessi i peccati. Per questo la pace la puoi sperimentare solo sapendo che sei amato da Dio, anche nei fallimenti o nelle tempeste della vita. Questa pace può essere un'ancora in momenti di ansia, come l'incertezza del futuro, le insicurezze personali o i conflitti relazionali. Gesù ci invita a non lasciare che il nostro cuore sia turbato, ma a fidarci di Lui. Questa pace è un dono, ma richiede di accoglierlo, di scegliere di non lasciarsi sopraffare dal peccato e dalla paura. San Giovanni Paolo II da giovane visse in un contesto di guerra e oppressione prima sotto il regime nazista e poi quello comunista. Nonostante le difficoltà, trovò pace nel suo rapporto con Cristo, dedicando tempo alla preghiera e al teatro clandestino per mantenere viva la speranza. La sua serenità, anche di fronte alle minacce, era radicata nella fiducia in Dio e questa pace lo accompagnò fino a quando fu eletto Papa. Nella omelia per l'inizio del pontificato disse: "Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi - vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia - permettete a Cristo di parlare all'uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna". Quali sono le "tempeste" che turbano il tuo cuore in questo momento? Come puoi accogliere la pace di Cristo in queste situazioni? In che modo la pace di Gesù è diversa da quella che cerchi nel successo, nelle distrazioni o nelle approvazioni degli altri? Come puoi coltivarla? LA GIOIA DELLA FEDE "Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre". Gesù invita i discepoli a rallegrarsi della sua partenza verso il Padre, perché è parte del piano di salvezza. Questo può sembrare paradossale: come rallegrarsi di un distacco? Eppure, Gesù ci insegna che la fede è gioia, anche quando non capiamo tutto. Questa gioia può essere difficile da vivere in un mondo che spesso premia il cinismo o l'indifferenza. Rallegrarsi significa scegliere di vedere la presenza di Dio anche nelle incertezze, di credere che Lui sta lavorando nella tua vita, anche quando non lo vedi chiaramente. Il Beato Carlo Acutis, un giovane vissuto nel nostro tempo, aveva una fede contagiosa. Nonostante la leucemia fulminante che lo colpì a soli quindici anni, Carlo non perse la gioia. Offrì le sue sofferenze per il Papa e la Chiesa, vivendo con un sorriso che nasceva dalla sua amicizia con Gesù e dall'accogliere il dono dell'Eucaristia che diceva essere "l'autostrada per il paradiso". La sua vita ci ricorda che la gioia cristiana non è superficiale, ma radicata in un amore più grande. Quando hai sperimentato una gioia profonda, magari in un momento di preghiera, servizio o condivisione? Come puoi ritrovarla oggi? Cosa ti impedisce di rallegrarti pienamente della presenza di Gesù nella tua vita? Come puoi fare un piccolo passo per fidarti di più del suo piano per te? Gesù ti invita a vivere un cristianesimo vivo, pratico e personale. Ti chiama ad amarlo con le tue scelte, ad affidarti allo Spirito Santo, a pentirti dei tuoi peccati e accogliere la sua pace per trovare la vera gioia. Hai davanti a te un mondo pieno di opportunità, ma anche di sfide. Lascia che le parole di Gesù risuonino nel tuo cuore: non sei solo, Dio vuole abitare in te e guidarti. Prenditi un momento per pregare con queste parole: "Signore Gesù, grazie per il tuo amore che non si stanca di cercarmi. Donami il coraggio di osservare la tua parola, la fiducia di affidarmi al tuo Spirito, l'umiltà di pentirmi dei miei peccati, la pace che supera ogni paura e la gioia di sapere che sei con me. Fa' che la mia vita, a imitazione di quella dei santi, sia un riflesso del tuo amore. Amen."

20 may 2025 - 10 min
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Omelia V Dom. Pasqua - Anno C (Gv 13, 31-33.34-35)

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8163 [https://www.bastabugie.it/8163] OMELIA V DOM. PASQUA - ANNO C (Gv 13, 31-33.34-35) di Don Stefano Bimbi   Nel Vangelo di questa domenica Gesù annuncia che la sua glorificazione è iniziata e affida ai discepoli un comandamento nuovo. Abbiamo sentito che Giuda esce dal cenacolo per andare a tradire Gesù. Ma dopo questo momento oscuro Gesù, pronuncia parole di luce, parla di gloria. La gloria di Dio non è fatta di applausi o di potere. È amore che resta fedele anche quando viene tradito. E tu come reagisci quando qualcuno ti ferisce o ti delude? Sai ancora parlare con amore? O ti chiudi, ti indurisci, ti vendichi? San Francesco d'Assisi, dopo essere stato ripudiato da suo padre, ha scelto la via opposta all'odio: l'amore. E così ha abbracciato la povertà e ha amato anche chi lo derideva. In quell'umiliazione, si è avvicinato alla gloria vera di cui ci parla Gesù. Infatti la croce non è un incidente di percorso. È l'ora in cui l'amore di Dio si mostra al massimo. È il capovolgimento della logica umana del "te la faccio pagare". Santa Gianna Beretta Molla aveva quarant'anni, era medico e madre. Scoprì di avere un fibroma all'utero, ma scelse di non curarsi e mettere a rischio la sua vita pur di dare alla luce la sua quarta figlia. Disse ai medici: "Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete (e lo esigo) il bimbo; salvate lui!". La sua gloria non fu un successo mondano, ma un amore che si dona fino in fondo, anche nel dolore. Tu dove cerchi la gloria? Nell'idea che gli altri hanno di te? Nell'approvazione di chi ti sta intorno? Nei like sui social? E quando vivi una situazione di sofferenza, riesci ancora ad affidarti a Dio? Gesù nel dare un "comandamento nuovo" non sta dando una regola morale in più. Sta consegnando la chiave per riconoscere i suoi amici, i suoi discepoli. "Amatevi gli uni gli altri" era un comandamento antico. La novità sta nel premettere "Come io ho amato voi". Gesù ci ha amato dando la sua vita sulla croce e soffrendo tutte le pene della Passione. Così dobbiamo amarci anche noi gli uni gli altri. San Massimiliano Kolbe, internato ad Auschwitz, si offrì al posto di un altro prigioniero, padre di famiglia, condannato a morte. Questo è il "come" di Gesù: un amore che si fa dono per gli altri anche a costo della vita. Gesù è stato chiaro "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri". Il segno distintivo dei discepoli di Cristo è l'amore. Non un amore qualunque, ma quello che, sul modello di Cristo, resiste, si abbassa, lava i piedi, non si ritira davanti alla fatica, alla sofferenza e nemmeno alla morte. Se nel Vangelo Gesù dà il comandamento nuovo dell'amore, nella seconda lettura tratta dall'Apocalisse vediamo il frutto finale di quell'amore vissuto fino in fondo: un mondo rinnovato, guarito, senza più dolore. Questa visione non è un sogno astratto. È la meta concreta che Dio vuole per noi e per tutta l'umanità: una nuova creazione dove l'Amore ha vinto: "Vidi un cielo nuovo e una terra nuova". Il mondo che conosciamo - con il suo caos, i suoi inganni, le sue ferite - non è l'ultima parola. Dio promette un cambiamento radicale: non solo aggiustare ciò che è rotto, ma rifare tutto da capo, in modo nuovo, vero, eterno. Per questo dobbiamo credere che Dio possa fare nuova anche la nostra vita già da adesso. Con la conversione possiamo sperimentare questa novità di vita. Non possiamo rassegnarci dicendo "sono fatto così" oppure "tanto le cose non cambiano mai". Invece Gesù dice: "Io faccio nuove tutte le cose". Da pubblicani e prostitute ne ha fatto santi che hanno preceduto in paradiso quelli che si ritenevano a posto con Dio. Il buon ladrone, che era un assassino, è stato trasformato nel primo ad essere ammesso in Paradiso. Una vergine è stata trasformata in madre, addirittura la madre di Dio. Insomma, a Gesù tutto è possibile. Il Vangelo ci chiede di amare "come Gesù ha amato". L'Apocalisse ci mostra dove porta quell'amore: verso un mondo rinnovato in cui tutto trova senso, tutto viene sanato. La città santa, la Gerusalemme nuova, pronta come una sposa è il volto della Chiesa, di chi ha vissuto l'amore del Vangelo e resistito nella fede, anche quando il mondo diceva: "ama solo te stesso" e "realizza te stesso". E tu, come ami? A pezzi? Solo quando conviene? Solo chi ti capisce? Solo se ti rispondono come vuoi? Chi direbbe di te: "Ecco, questa persona ama come Gesù"? Santa Teresa di Calcutta diceva: "Non tutti possiamo fare grandi cose, ma possiamo fare piccole cose con grande amore". Anche tu, oggi, puoi iniziare così. Con una parola gentile detta a chi ti è antipatico. Con un messaggio mandato a chi si sente solo. Con una scelta che mette l'altro al centro in una cosa piccola, ma concreta. Non aspettare condizioni perfette per amare, non aspettare che gli altri inizino per primi. Inizia tu. Oggi.

13 may 2025 - 6 min
Muy buenos Podcasts , entretenido y con historias educativas y divertidas depende de lo que cada uno busque. Yo lo suelo usar en el trabajo ya que estoy muchas horas y necesito cancelar el ruido de al rededor , Auriculares y a disfrutar ..!!
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