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Commento teologico-pratico al vangelo della domenica (e delle feste liturgiche più importanti dell'anno)
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8176 [https://www.bastabugie.it/8176] OMELIA VI DOM. DI PASQUA - ANNO C (Gv 14,23-29) di Don Stefano Bimbi Il Vangelo di questa sesta domenica di Pasqua ci invita a entrare in un dialogo intimo con Gesù, che ci parla di amore, fedeltà, presenza divina e pace. È un discorso denso, che tocca il cuore e interpella la nostra vita quotidiana. Visto che siamo immersi in un mondo frenetico e spesso confuso, queste parole ci offrono una bussola per orientarci verso ciò che davvero conta. L'AMORE SI FA OBBEDIENZA "Se uno mi ama, osserverà la mia parola". Gesù inizia con un'affermazione chiara: amare Lui significa osservare la sua parola. Non si tratta di un amore romantico o astratto, ma di un amore concreto, che si traduce in scelte, azioni e fedeltà. Osservare la parola di Gesù significa vivere secondo i suoi insegnamenti, anche quando è scomodo o controcorrente. Questo può significare scegliere l'onestà in un contesto lavorativo competitivo, perdonare un amico che ti ha ferito o dedicare tempo alla preghiera in una giornata piena di impegni. Quando vivi così, Gesù promette che il Padre ti amerà e che loro "prenderanno dimora" in te. È un'immagine potente: Dio non è lontano, ma vuole abitare nel tuo cuore, essere parte della tua vita. Pensiamo a San Francesco d'Assisi. Nato in una famiglia benestante, avrebbe potuto vivere una vita comoda e spensierata. Invece, ha scelto di ascoltare la parola di Gesù, spogliandosi di tutto per seguire il Vangelo alla lettera. La sua obbedienza era gioiosa, perché scaturiva dall'amore per Cristo. La sua vita mostra che osservare la parola di Gesù non toglie libertà, ma, al contrario, la rende piena. Nella tua vita quotidiana, quali sono le "parole" di Gesù che trovi più difficili da mettere in pratica? Perché? C'è una situazione in cui senti di dover fare una scelta coraggiosa per essere fedele a ciò che Gesù ti chiede? Come puoi affrontarla? LO SPIRITO SANTO, GUIDA E MEMORIA "Il Paràclito vi insegnerà ogni cosa". Gesù sa che non possiamo farcela da soli. Per questo promette il dono dello Spirito Santo, il Paràclito, che significa "colui che sta accanto". Lo Spirito non è un concetto astratto: è la presenza viva di Dio che ti illumina, ti consola e ti ricorda le parole di Gesù nei momenti di smarrimento. Se ti trovi a dover prendere decisioni importanti nella tua vita lo Spirito Santo è lì per guidarti, se gli dai spazio attraverso la preghiera e l'ascolto. È come un navigatore interiore che ti aiuta a ritrovare la strada quando sei confuso. Santa Teresa di Lisieux, la "piccola Teresa", visse una vita apparentemente semplice, ma profondamente guidata dallo Spirito. Nella sua autobiografia, racconta come lo Spirito le insegnava a fare piccoli atti d'amore con grande cuore, anche nelle difficoltà del convento. La sua "piccola via" è un esempio di come lo Spirito può ispirare anche le vite più ordinarie a diventare straordinarie. Quando hai sentito, magari in un momento di preghiera o riflessione, una "luce" o un'intuizione che ti ha aiutato a capire meglio la tua strada? Come puoi coltivare l'ascolto dello Spirito nella tua vita quotidiana? Ci sono momenti in cui ti senti smarrito o confuso? Come puoi affidarti allo Spirito Santo per ritrovare chiarezza? LA PACE DI CRISTO E' DIVERSA DA QUELLA DEL MONDO "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi". In un mondo che associa la pace all'assenza di problemi o al successo materiale, Gesù offre una pace diversa, profonda, che non dipende dalle circostanze esterne. È la pace che ci viene donata nella confessione quando ci vengono rimessi i peccati. Per questo la pace la puoi sperimentare solo sapendo che sei amato da Dio, anche nei fallimenti o nelle tempeste della vita. Questa pace può essere un'ancora in momenti di ansia, come l'incertezza del futuro, le insicurezze personali o i conflitti relazionali. Gesù ci invita a non lasciare che il nostro cuore sia turbato, ma a fidarci di Lui. Questa pace è un dono, ma richiede di accoglierlo, di scegliere di non lasciarsi sopraffare dal peccato e dalla paura. San Giovanni Paolo II da giovane visse in un contesto di guerra e oppressione prima sotto il regime nazista e poi quello comunista. Nonostante le difficoltà, trovò pace nel suo rapporto con Cristo, dedicando tempo alla preghiera e al teatro clandestino per mantenere viva la speranza. La sua serenità, anche di fronte alle minacce, era radicata nella fiducia in Dio e questa pace lo accompagnò fino a quando fu eletto Papa. Nella omelia per l'inizio del pontificato disse: "Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi - vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia - permettete a Cristo di parlare all'uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna". Quali sono le "tempeste" che turbano il tuo cuore in questo momento? Come puoi accogliere la pace di Cristo in queste situazioni? In che modo la pace di Gesù è diversa da quella che cerchi nel successo, nelle distrazioni o nelle approvazioni degli altri? Come puoi coltivarla? LA GIOIA DELLA FEDE "Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre". Gesù invita i discepoli a rallegrarsi della sua partenza verso il Padre, perché è parte del piano di salvezza. Questo può sembrare paradossale: come rallegrarsi di un distacco? Eppure, Gesù ci insegna che la fede è gioia, anche quando non capiamo tutto. Questa gioia può essere difficile da vivere in un mondo che spesso premia il cinismo o l'indifferenza. Rallegrarsi significa scegliere di vedere la presenza di Dio anche nelle incertezze, di credere che Lui sta lavorando nella tua vita, anche quando non lo vedi chiaramente. Il Beato Carlo Acutis, un giovane vissuto nel nostro tempo, aveva una fede contagiosa. Nonostante la leucemia fulminante che lo colpì a soli quindici anni, Carlo non perse la gioia. Offrì le sue sofferenze per il Papa e la Chiesa, vivendo con un sorriso che nasceva dalla sua amicizia con Gesù e dall'accogliere il dono dell'Eucaristia che diceva essere "l'autostrada per il paradiso". La sua vita ci ricorda che la gioia cristiana non è superficiale, ma radicata in un amore più grande. Quando hai sperimentato una gioia profonda, magari in un momento di preghiera, servizio o condivisione? Come puoi ritrovarla oggi? Cosa ti impedisce di rallegrarti pienamente della presenza di Gesù nella tua vita? Come puoi fare un piccolo passo per fidarti di più del suo piano per te? Gesù ti invita a vivere un cristianesimo vivo, pratico e personale. Ti chiama ad amarlo con le tue scelte, ad affidarti allo Spirito Santo, a pentirti dei tuoi peccati e accogliere la sua pace per trovare la vera gioia. Hai davanti a te un mondo pieno di opportunità, ma anche di sfide. Lascia che le parole di Gesù risuonino nel tuo cuore: non sei solo, Dio vuole abitare in te e guidarti. Prenditi un momento per pregare con queste parole: "Signore Gesù, grazie per il tuo amore che non si stanca di cercarmi. Donami il coraggio di osservare la tua parola, la fiducia di affidarmi al tuo Spirito, l'umiltà di pentirmi dei miei peccati, la pace che supera ogni paura e la gioia di sapere che sei con me. Fa' che la mia vita, a imitazione di quella dei santi, sia un riflesso del tuo amore. Amen."

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8163 [https://www.bastabugie.it/8163] OMELIA V DOM. PASQUA - ANNO C (Gv 13, 31-33.34-35) di Don Stefano Bimbi Nel Vangelo di questa domenica Gesù annuncia che la sua glorificazione è iniziata e affida ai discepoli un comandamento nuovo. Abbiamo sentito che Giuda esce dal cenacolo per andare a tradire Gesù. Ma dopo questo momento oscuro Gesù, pronuncia parole di luce, parla di gloria. La gloria di Dio non è fatta di applausi o di potere. È amore che resta fedele anche quando viene tradito. E tu come reagisci quando qualcuno ti ferisce o ti delude? Sai ancora parlare con amore? O ti chiudi, ti indurisci, ti vendichi? San Francesco d'Assisi, dopo essere stato ripudiato da suo padre, ha scelto la via opposta all'odio: l'amore. E così ha abbracciato la povertà e ha amato anche chi lo derideva. In quell'umiliazione, si è avvicinato alla gloria vera di cui ci parla Gesù. Infatti la croce non è un incidente di percorso. È l'ora in cui l'amore di Dio si mostra al massimo. È il capovolgimento della logica umana del "te la faccio pagare". Santa Gianna Beretta Molla aveva quarant'anni, era medico e madre. Scoprì di avere un fibroma all'utero, ma scelse di non curarsi e mettere a rischio la sua vita pur di dare alla luce la sua quarta figlia. Disse ai medici: "Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete (e lo esigo) il bimbo; salvate lui!". La sua gloria non fu un successo mondano, ma un amore che si dona fino in fondo, anche nel dolore. Tu dove cerchi la gloria? Nell'idea che gli altri hanno di te? Nell'approvazione di chi ti sta intorno? Nei like sui social? E quando vivi una situazione di sofferenza, riesci ancora ad affidarti a Dio? Gesù nel dare un "comandamento nuovo" non sta dando una regola morale in più. Sta consegnando la chiave per riconoscere i suoi amici, i suoi discepoli. "Amatevi gli uni gli altri" era un comandamento antico. La novità sta nel premettere "Come io ho amato voi". Gesù ci ha amato dando la sua vita sulla croce e soffrendo tutte le pene della Passione. Così dobbiamo amarci anche noi gli uni gli altri. San Massimiliano Kolbe, internato ad Auschwitz, si offrì al posto di un altro prigioniero, padre di famiglia, condannato a morte. Questo è il "come" di Gesù: un amore che si fa dono per gli altri anche a costo della vita. Gesù è stato chiaro "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri". Il segno distintivo dei discepoli di Cristo è l'amore. Non un amore qualunque, ma quello che, sul modello di Cristo, resiste, si abbassa, lava i piedi, non si ritira davanti alla fatica, alla sofferenza e nemmeno alla morte. Se nel Vangelo Gesù dà il comandamento nuovo dell'amore, nella seconda lettura tratta dall'Apocalisse vediamo il frutto finale di quell'amore vissuto fino in fondo: un mondo rinnovato, guarito, senza più dolore. Questa visione non è un sogno astratto. È la meta concreta che Dio vuole per noi e per tutta l'umanità: una nuova creazione dove l'Amore ha vinto: "Vidi un cielo nuovo e una terra nuova". Il mondo che conosciamo - con il suo caos, i suoi inganni, le sue ferite - non è l'ultima parola. Dio promette un cambiamento radicale: non solo aggiustare ciò che è rotto, ma rifare tutto da capo, in modo nuovo, vero, eterno. Per questo dobbiamo credere che Dio possa fare nuova anche la nostra vita già da adesso. Con la conversione possiamo sperimentare questa novità di vita. Non possiamo rassegnarci dicendo "sono fatto così" oppure "tanto le cose non cambiano mai". Invece Gesù dice: "Io faccio nuove tutte le cose". Da pubblicani e prostitute ne ha fatto santi che hanno preceduto in paradiso quelli che si ritenevano a posto con Dio. Il buon ladrone, che era un assassino, è stato trasformato nel primo ad essere ammesso in Paradiso. Una vergine è stata trasformata in madre, addirittura la madre di Dio. Insomma, a Gesù tutto è possibile. Il Vangelo ci chiede di amare "come Gesù ha amato". L'Apocalisse ci mostra dove porta quell'amore: verso un mondo rinnovato in cui tutto trova senso, tutto viene sanato. La città santa, la Gerusalemme nuova, pronta come una sposa è il volto della Chiesa, di chi ha vissuto l'amore del Vangelo e resistito nella fede, anche quando il mondo diceva: "ama solo te stesso" e "realizza te stesso". E tu, come ami? A pezzi? Solo quando conviene? Solo chi ti capisce? Solo se ti rispondono come vuoi? Chi direbbe di te: "Ecco, questa persona ama come Gesù"? Santa Teresa di Calcutta diceva: "Non tutti possiamo fare grandi cose, ma possiamo fare piccole cose con grande amore". Anche tu, oggi, puoi iniziare così. Con una parola gentile detta a chi ti è antipatico. Con un messaggio mandato a chi si sente solo. Con una scelta che mette l'altro al centro in una cosa piccola, ma concreta. Non aspettare condizioni perfette per amare, non aspettare che gli altri inizino per primi. Inizia tu. Oggi.

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8158 [https://www.bastabugie.it/8158] OMELIA IV DOM. DI PASQUA - ANNO C (Gv 10, 27-30) di Don Stefano Bimbi Gesù è il Buon Pastore, un'immagine che parla direttamente al cuore, anche a noi oggi, che spesso ci sentiamo smarriti in un mondo caotico, pieno di voci contrastanti e incertezze. Questo passo ci invita a riflettere sulla relazione profonda che possiamo avere con Gesù, sul suo amore che ci protegge e ci guida, e sulla nostra identità di figli di Dio. "LE MIE PECORE ASCOLTANO LA MIA VOCE E IO LE CONOSCO ED ESSE MI SEGUONO" Gesù descrive un rapporto di fiducia e intimità: le sue pecore riconoscono la sua voce e lo seguono. In un mondo pieno di distrazioni - tv, social media, notifiche continue sul cellulare, pressioni sociali - ascoltare la voce di Gesù può sembrare difficile. La sua voce non è rumorosa, non è un post virale o un trend, ma è quella voce dolce e costante che parla al nostro cuore, magari in un momento di silenzio, in preghiera, o attraverso la Parola di Dio. Gesù ci conosce profondamente, più di quanto noi conosciamo noi stessi: conosce i nostri sogni, le nostre paure, le nostre insicurezze. E ci invita a seguirlo, non come un obbligo, ma come un atto di amore e fiducia. Pensiamo alla fiducia in Dio che i santi hanno dimostrato. San Francesco d'Assisi era un giovane pieno di sogni e ambizioni mondane. Ma un giorno, mentre pregava nella chiesetta di San Damiano, sentì la voce di Gesù che gli diceva: "Francesco, va' e ripara la mia casa". Quella voce cambiò la sua vita: lasciò tutto per seguire Cristo, trovando una gioia che non aveva mai conosciuto prima. Anche tu puoi imparare ad ascoltare quella voce interiore che ti chiama a qualcosa di più grande. Quali "voci" ascolti di più nella tua vita quotidiana? Sono voci che ti avvicinano a Gesù o che ti allontanano da Lui? Come puoi creare spazio per la preghiera nella tua routine quotidiana? Riesci a sentire che Gesù ti conosce come il pastore che conosce ogni singola pecora? C'è qualcosa di te che vorresti affidargli oggi? "IO DO LORO LA VITA ETERNA E NON ANDRANNO PERDUTE IN ETERNO" Gesù fa una promessa straordinaria: la vita eterna. Ma non si tratta solo di una vita dopo la morte; la vita eterna inizia già ora, quando viviamo in comunione con Lui. Con la Grazia che ci arriva principalmente dai sacramenti partecipiamo già da ora alla vita soprannaturale. Per noi così concentrati sul presente - la famiglia, il lavoro, le relazioni - questa promessa ci ricorda che c'è un orizzonte più grande. Gesù ci dice che non siamo fatti per perderci, per rimanere intrappolati nei nostri peccati o nelle difficoltà e fatiche della vita. Anche quando sbagliamo, anche quando ci sentiamo lontani da Dio, Lui ci cerca, come un pastore che va a recuperare la pecora smarrita (che siamo noi). La vita eterna è una vita piena, una vita che ha senso perché è vissuta con Lui. Santa Teresa di Lisieux, la "piccola Teresa", è un esempio potente. Anche se era giovane e fragile, spesso si sentiva inadeguata e piena di limiti. Ma si affidò completamente a Gesù, scegliendo la "piccola via" dell'amore e della fiducia totale a Dio. Disse: "Tutto è grazia". Nonostante le sue insicurezze, trovò la vera vita in Cristo, una vita che continua ad affascinare milioni di persone. Anche tu, con la tua fragilità, puoi trovare questa pienezza. Cosa significa per te "vita eterna"? Ti capita di cercare la felicità in cose che non durano (successo, approvazione, piaceri momentanei)? Chiediti quali passi concreti puoi fare per vivere una vita più piena, in comunione con Cristo, già da oggi. "NESSUNO LE STRAPPERÀ DALLA MIA MANO" Le parole di Gesù sono un balsamo per l'anima. Viviamo in un mondo in cui ci sentiamo spesso vulnerabili: le insicurezze sul futuro, le pressioni sociali, le tentazioni del demonio, le difficoltà relazionali. Ma Gesù ci rassicura: siamo nelle sue mani e nessuno può strapparci da lì. Questo non significa che non affronteremo sfide, ma che non saremo mai soli. La sua protezione è più forte di qualsiasi cosa: più forte delle nostre paure, più forte del male, più forte di tutto ciò che cerca di allontanarci da Lui. San Giovanni Bosco, che dedicò la sua vita ai giovani, è un esempio di questa fiducia. Don Bosco affrontò tantissime difficoltà: povertà, critiche, ostacoli nel suo lavoro con i ragazzi di strada. Ma non si perse mai d'animo, perché si sentiva guidato e protetto da Dio. Spesso diceva ai suoi ragazzi: "Affidatevi a Maria Ausiliatrice e a Gesù e non sarete mai soli". Anche noi possiamo trovare forza in questa promessa di Gesù. Quali sono le cose che ti fanno sentire vulnerabile o insicuro nella tua vita? Ti capita di dubitare della protezione di Dio? Puoi rafforzare la fiducia in Lui migliorando la tua preghiera quotidiana. Chiediti se c'è una situazione concreta in cui puoi chiedere a Gesù di tenerti nella sua mano e guidarti. "IL PADRE MIO, CHE ME LE HA DATE, È PIÙ GRANDE DI TUTTI E NESSUNO PUÒ STRAPPARLE DALLA MANO DEL PADRE" Gesù ci ricorda che la nostra appartenenza a Lui non è casuale: è il Padre che ci ha affidati a Lui. Questo ci fa capire che c'è un progetto su ciascuno di noi e quanto siamo preziosi agli occhi di Dio. Non siamo qui per caso: siamo voluti, amati, scelti. E il Padre, che è "più grande di tutti", veglia su di noi. Per chi è incerto su quale sia il suo posto nel mondo, questa affermazione è un'ancora: siamo figli di un Padre che ci ama infinitamente, e questo dà senso alla nostra vita. Santa Chiara d'Assisi, che seguì San Francesco nella sua vocazione, ebbe la necessaria fiducia in Gesù. Chiara lasciò una vita di agi per seguire Cristo in povertà, affidandosi completamente alla provvidenza di Dio. Quando il convento delle sue suore fu minacciato dall'arrivo dei saraceni, Santa Chiara uscì con l'eucaristia confidando nell'aiuto del suo buon Gesù. Alla sua vista i musulmani scapparono lasciando in pace Chiara con le sue sorelle. Affidarsi a Gesù cambia il modo di affrontare le difficoltà. La Fede dona la certezza che il nostro Padre Celeste è onnipotente e sa Lui quando intervenire nella nostra vita e quando invece permettere il male per trarne un bene superiore. E tu ringrazi il Padre per l'amore e la protezione con cui ti ha guidato finora? "IO E IL PADRE SIAMO UNA COSA SOLA" Gesù rivela la sua unità con il Padre, un'unità che è il cuore della Trinità. Questo ci dice qualcosa di profondo sull'amore: Dio non è un'entità lontana, ma una comunione d'amore in cui siamo invitati a entrare. Per noi che cerchiamo relazioni autentiche e profonde, questa unità è un modello: l'amore vero non divide, ma unisce. E Gesù ci invita a vivere in questa comunione, non solo con Lui, ma anche con gli altri, costruendo relazioni basate sull'amore e sulla fede in Lui. San Giovanni Paolo II anche nei momenti più difficili - come l'attentato del 1981 - ha sempre testimoniato un'unione profonda con Dio, che si rifletteva nel suo amore per il gregge che Gesù gli ha affidato quando è diventato Papa. Poco dopo l'elezione a Sommo Pontefice disse: "Non abbiate paura! Spalancate le porte a Cristo!". Anche tu sei chiamato a vivere questa comunione, senza paura. Come puoi "spalancare le porte" a Cristo nella tua vita? Quali porte hai ancora chiuse? In conclusione, il vangelo di questa domenica ci parla di un amore che non ci lascia mai: il Padre e il Figlio ci tengono stretti nelle loro mani. È un invito a fidarci, a seguire la voce di Gesù anche quando il mondo ci confonde, a vivere con la certezza che siamo amati e protetti dal Padre celeste. Prendiamoci un momento per pregare e affidarci a Lui, chiedendogli di aiutarci a riconoscerlo come nostro Pastore e a seguirlo con tutto il cuore.

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8146 [https://www.bastabugie.it/8146] OMELIA III DOMENICA PASQUA - ANNO C (Gv 21, 1-19) di Don Stefano Bimbi I discepoli sono in un momento di attesa, di incertezza. Hanno visto il Risorto, ma non sanno ancora bene cosa fare. Pietro torna a pescare, a ciò che conosce, alla sua vecchia vita. Gesù si manifesta al mattino, nella luce nuova. Non è riconosciuto subito: è discreto, quasi nascosto. Ma quando i discepoli obbediscono alla sua Parola, succede qualcosa di inaspettato: la rete si riempie. È in quel segno che Giovanni esclama: "È il Signore!". È una scena che parla anche a te, che magari stai attraversando una fase di confusione, di passaggio: un nuovo lavoro, il fallimento di alcune relazioni, dubbi di fede. A volte, quando non capiamo cosa sta succedendo, torniamo a ciò che ci è familiare. Ma in questa notte, la pesca è un fallimento. Non basta tornare alle "vecchie reti" se manca il senso. Ma c'è una speranza. Anche tu, nella tua vita quotidiana, puoi non accorgerti subito della presenza di Gesù. Ma a volte basta un gesto semplice, un ascolto sincero, una parola inattesa... e Lui si rivela. In quali momenti della tua vita hai percepito che "era il Signore"? Riesci a riconoscerlo anche oggi? E se Gesù ti chiamasse adesso, sulla riva della tua vita, lo riconosceresti? E cosa faresti: resteresti in barca o ti getteresti in acqua come Pietro per corrergli incontro? PORTATE UN PO' DEL PESCE CHE AVETE PRESO ORA Gesù ha già il fuoco acceso e il pasto pronto. Ma chiede ai discepoli di portare anche il loro pesce. Non perché ne abbia bisogno, ma perché vuole che facciano la loro parte. È così anche con te. Dio non ti scavalca. Ti chiede collaborazione, ti dà responsabilità. Il miracolo è suo, ma le reti le ha usate con te. Cosa puoi portare tu oggi al fuoco di Gesù? Cosa hai da offrirgli della tua vita ordinaria? Gesù non chiede a Pietro "Sei pronto?", "Sei capace?", "Hai rimediato ai tuoi errori?". No. Gli chiede: "Mi ami?". Tre volte. È un dialogo profondo, che passa anche attraverso la ferita del triplice rinnegamento. Pietro risponde con sincerità: "Tu lo sai che ti voglio bene". L'amore è ciò che fonda ogni vocazione, ogni missione. Anche nella tua vita, Gesù ti chiede prima di tutto questo: "Mi ami?". Non chiede perfezione, chiede fiducia in Lui. Se oggi Gesù ti guardasse negli occhi e ti chiedesse "Mi ami?", cosa gli risponderesti? Gesù conclude il dialogo con Pietro con una parola decisiva: "Seguimi". Non gli promette un cammino facile. Gli preannuncia una vita donata fino alla fine. Ma Pietro ora è pronto. Non perché è diventato perfetto, ma perché ha capito che amare Gesù significa seguirlo, anche nei momenti in cui "un altro ti porterà dove non vuoi". Questo Vangelo è un invito personale, oggi, a ritrovare Gesù nella tua quotidianità, a lasciarti coinvolgere da Lui, a rispondere con amore e coraggio. Anche tu, come Pietro, puoi dire: "Tu lo sai che ti voglio bene". E poi alzarti e seguirlo. Cosa significa per te oggi "seguire Gesù"? Cosa sei disposto a lasciare? Dove ti sta chiamando? DOMINE, QUO VADIS? Dopo quel giorno sul lago di Tiberìade, Pietro non è più lo stesso. Quel "Mi ami?" ripetuto tre volte gli brucia dentro, ma lo rende anche libero. Libero di non appoggiarsi più sulla sua forza, ma sull'amore ricevuto da Dio. Libero di iniziare davvero a "pascolare" il gregge del Signore: guidare la Chiesa e confermare nella fede i discepoli di Cristo. Dopo la Pentecoste, troviamo Pietro a Gerusalemme a predicare e convertire i fratelli ebrei, sempre pronto a testimoniare Cristo, anche se viene arrestato per questo. Infine, arriva a Roma, la capitale dell'impero, il centro del potere del mondo di allora. Ma Roma è ostile, i cristiani sono pochi, spesso maltrattati. Durante una persecuzione particolarmente feroce sotto l'imperatore Nerone, Pietro decide di lasciare Roma. Camminando lungo la via Appia, diretto fuori città, gli appare Gesù che cammina nella direzione opposta portando una pesante croce. Pietro, sconvolto, gli chiede: "Domine, quo vadis?" ("Signore, dove vai?"). E Gesù risponde: "Vado a Roma a farmi crocifiggere di nuovo". Pietro capisce. Ha sbagliato ancora una volta, ma è l'ultima. Non deve più fuggire. Torna a Roma a compiere fino in fondo la volontà del suo Maestro e Signore. E a Roma viene imprigionato nel carcere Mamertino, vicino al Foro Romano. Una cella buia, umida, isolata. Pietro non si scoraggia, anzi per lui la fine non è un fallimento, ma compimento. Sa che la sua morte è volontà di Dio. Quando arriva il momento dell'esecuzione, Pietro fa una richiesta che rivela tutta la sua umiltà: non si ritiene degno di morire allo stesso modo del suo Maestro. Per questo chiede di essere crocifisso a testa in giù. E così avviene: sul colle Vaticano, Pietro viene inchiodato a una croce rovesciata come si vede nel famoso dipinto del Caravaggio. È l'anno 64 d.C. In quel luogo l'imperatore Costantino, convertito al cristianesimo, farà costruire la Basilica di San Pietro, a custodire la memoria del pescatore diventato pastore. Sarà Papa Pio XII ad ordinare nel 1940 gli scavi sotto l'altare della basilica vaticana dove vengono ritrovate una decina d'anni più tardi sia la tomba che le ossa appartenute a Pietro, come dimostrò l'archeologa ed epigrafista Margherita Guarducci. Il 26 giugno 1968, durante un'udienza generale, Papa Paolo VI annunciò ufficialmente che "le ossa ritrovate appartengono all'Apostolo Pietro". Sei mai stato a visitare la necropoli sotto San Pietro? Basta prenotare per tempo la visita guidata che si conclude con la venerazione della tomba del capo degli apostoli, primo vescovo di Roma e primo Papa. La vita di Pietro è un viaggio che parte dal mare di Galilea dove era pescatore di pesci e finisce sulla croce dopo essere stato "pescatore di uomini", come predetto da Gesù, ma la sua morte non è stata una sconfitta. Anzi, è stata una vita spesa per amore di Gesù. Un amore imperfetto, umano, che però ha imparato a fidarsi di Dio fino alla fine. Da allora, fino alla fine dei tempi, il vescovo di Roma è il successore di Pietro e quindi il Papa regnante che garantisce l'unità della Chiesa Cattolica, l'unica autentica Chiesa di Cristo.

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8145 [https://www.bastabugie.it/8145] OMELIA II DOM. DI PASQUA - ANNO C (Gv 20,19-31) di Don Stefano Bimbi Oggi il Vangelo ci mette davanti a un'immagine potente: le porte chiuse. I discepoli sono chiusi in casa. Non per comodità, ma per paura. Paura dei Giudei di fare la fine di Gesù, paura forse anche di sé stessi, per essere scappati via ed aver abbandonato il Figlio di Dio. Potrebbe essere che anche noi ci sentiamo così. Chiusi in qualche stanza interiore. Bloccati da dubbi, da delusioni, da una fede che a volte non sentiamo più. Oppure feriti, scoraggiati, arrabbiati con Dio, o semplicemente stanchi. Ed è lì, esattamente lì, che Gesù entra. Non bussa. Non rimprovera. Non dice: "Ehi, dove eravate quando ero sulla croce?". Entra. Si mette in mezzo. E dice: "Pace a voi". È la prima parola del Risorto. Non un'accusa, ma un dono. Non un "vi siete comportati male", ma un "sono qui per voi". Iniziamo a farci delle domande profonde. Dove nella mia vita sto tenendo le porte chiuse a Gesù? Ho il coraggio di lasciarlo entrare nella mia paura, nella mia confusione? Gesù nel Cenacolo fa un gesto strano ma essenziale: mostra le mani e il fianco. Non nasconde le ferite. Le ferite sono testimonianza della Passione e trofei della Resurrezione. Sono la prova che l'amore è sempre unito al dolore. Se vogliamo amare realmente dobbiamo essere pronti a soffrire per la persona amata. Lo sa bene una mamma che va a partorire. Lo sa ogni padre di famiglia che si sacrifica ogni giorno per dare sicurezza e benessere ai suoi cari. IL PERDONO DEI PECCATI ATTRAVERSO LA CONFESSIONE Cristo poi invia gli apostoli: "Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". Non dice: "Aspettate quando sarete più preparati e vi sentirete pronti". Li manda così come sono, ma pieni di Spirito Santo. La forza viene da Dio, non dalle capacità dei singoli apostoli. Tra l'altro la parola "apostolo" in greco significa "inviato". Per cosa Gesù invia gli apostoli nel mondo? Per portare la sua Parola e i sacramenti, segni efficaci della Grazia di Dio. Dice Gesù ai dodici: "Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati". Gesù dona lo Spirito Santo per rimettere i peccati. Da notare che il Signore stabilisce che il perdono dei peccati deve passare dalla Chiesa che, non a caso, è apostolica. E non dice: "A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, ci penserò io direttamente". Ma dice: "A coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati". L'insegnamento è chiaro. Chi vuole essere perdonato non può dire: "Non mi fido della Chiesa e poi i sacerdoti sono più peccatori di me, quindi io mi confesso direttamente da Gesù". Assolutamente no. No Chiesa? No confessione al sacerdote? Niente perdono dei peccati. Il Vangelo non poteva essere più chiaro di così! TOMMASO APOSTOLO Poi arriva Tommaso. Lui non era lì con gli altri la prima volta che è apparso Gesù risorto. Non ci sta a credere solo per sentito dire. Vuole toccare. Vuole vedere. E Gesù non si scandalizza. Anzi, otto giorni dopo torna, entra ancora a porte chiuse, e dice la stessa cosa: "Pace a voi". Poi si rivolge proprio a lui: "Metti qui il tuo dito... e non essere incredulo, ma credente". Gesù non ha paura del nostro dubbio. Lo incontra. Ciascuno di noi deve chiedersi se sta davvero cercando Dio, se approfondisce i temi della fede o è fermo a quello che ha imparato da piccolo. Avere un padre spirituale e fare un cammino di fede è essenziale per fare passi avanti. Altrimenti nella vita spirituale, se non si va avanti, si va indietro. Tommaso tocca, vede, e non dice: "Ah, ok, ora ho la prova, avevano ragione gli altri ora gli chiedo scusa". No, dice: "Mio Signore e mio Dio!". È un grido d'amore. È il momento in cui la Fede diventa un rapporto personale. Non più solo teoria. È relazione con Gesù. Dobbiamo chiederci se anche noi diciamo con Tommaso e nella verità: "Mio Signore e mio Dio". Oppure la nostra Fede è ancora solo una cosa esterna, fatta di abitudini? Il Vangelo di questa domenica in Albis ci chiama a fare pace con la nostra paura, a credere anche con le ferite addosso, a non avere vergogna dei nostri dubbi, ma soprattutto a fidarci di un Dio che continua a entrare, anche quando le porte sono chiuse. Beati noi - dice Gesù - se crediamo anche senza vedere. Beati noi se lo lasciamo entrare, ogni volta, anche nella penombra della vita di ogni giorno. SANT'IGNAZIO DI LOYOLA Concludiamo con una storia vera, di un uomo che non cercava affatto Dio, ma che lo ha incontrato proprio quando le speranze erano finite e tutto sembrava crollare. Il suo nome è Ignazio di Loyola. Da giovane non aveva nessuna intenzione di diventare santo. Era un nobile, un cavaliere. Gli interessavano la gloria, la fama, le armi e le donne. Voleva spaccare il mondo, essere ammirato, vincere battaglie. Non c'era spazio per la fede vera. Era cristiano di nome, come tanti oggi, ma il centro della sua vita era lui stesso. Poi, in una battaglia a Pamplona, fu gravemente ferito da una cannonata. Tutto crollò in un attimo. Costretto a letto per mesi, solo, immobile, con il futuro distrutto. Le sue "porte" erano chiuse: quelle dei sogni, della carriera, delle certezze. Ma lì, in quella stanza ferma, buia, noiosa, Ignazio cominciò a leggere. Cercava romanzi cavallereschi, ma trovò solo una Vita di Cristo e un libro sui Santi. All'inizio li leggeva per passare il tempo, poi… qualcosa cominciò a toccarlo. Ogni volta che immaginava le imprese dei cavalieri, si esaltava… ma poi gli restava dentro un vuoto. Ogni volta che pensava a vivere come San Francesco o come Sant'Agostino, invece, sentiva una pace nuova, più profonda. Fu il primo segnale. Non una visione, non un miracolo, ma un cambiamento dentro. Era Gesù che entrava, come nel Cenacolo, a porte chiuse. E da lì iniziò un cammino lungo, difficile, fatto anche di cadute, dubbi, lotte interiori. Ma quello che Ignazio cercava nel mondo, finalmente lo trovò in Cristo: la vera grandezza, la vera libertà, la vera gioia. E cosa disse alla fine della sua vita? "Prendete, Signore, e accettate tutta la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà… a voi, Signore, restituisco tutto." Un uomo che voleva comandare su tutto, alla fine si consegna a Dio con tutto sé stesso. Questo è il potere dell'incontro. Questo è ciò che accade quando Cristo entra nonostante le porte chiuse. Anche noi, come Ignazio, abbiamo i nostri sogni, i nostri castelli, i nostri dubbi. Ma forse proprio lì, dove tutto sembra fermarsi, Cristo ci aspetta per cominciare qualcosa di nuovo. Oggi, se avremo il coraggio di dire come Tommaso: "Mio Signore e mio Dio", se ci fidiamo di quel "Pace a voi", anche noi possiamo cambiare rotta, ricominciare da dentro. Non è mai troppo tardi per incontrare Cristo. Lui entra anche se noi non lo stiamo cercando. Anzi, spesso entra proprio allora. Basta che noi lo riconosciamo come nostro unico salvatore!
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