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Gesù Cristo, unico salvatore del Mondo, continua ad agire oggi attraverso la sua Santa Chiesa 

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La questua: dagli ordini mendicanti alle parrocchie di oggi

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7926 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7926] LA QUESTUA: DAGLI ORDINI MENDICANTI ALLE PARROCCHIE DI OGGI La questua è il momento in cui i fedeli contribuiscono concretamente alle necessità della chiesa attraverso donazioni volontarie. Questo gesto di carità ha un duplice significato: da un lato, risponde ai bisogni materiali della chiesa; dall'altro, rappresenta un'espressione tangibile di amore e solidarietà verso la comunità. Le offerte raccolte durante la questua vengono utilizzate per il mantenimento della chiesa e per sostenere varie cause caritatevoli. La questua in chiesa è una pratica antica e radicata nella tradizione cristiana, che continua a svolgere un ruolo significativo ancora oggi. Attraverso la questua, i fedeli non solo sostengono le necessità materiali della chiesa, ma rafforzano anche i legami di comunità e di fede, contribuendo anche sul piano pratico a creare una comunità di fedeli e persone, uniti dalla religione, ma anche da obiettivi comuni e virtuosi. Un aspetto da non sottovalutare, in un'epoca come la nostra, in cui sembra essere diventato difficile perfino intrattenere rapporti civili e solleciti con i vicini di casa! Anzi, vedremo come, nonostante i cambiamenti delle abitudini moderne, la sacralità della questua è rimasta invariata e permette ai cristiani di aiutare la comunità religiosa, rafforzando il senso di preghiera e appartenenza. In questo articolo esploreremo il significato di questua, l'uso della borsa per questua nelle chiese moderne e l'offertorio nella Messa. SIGNIFICATO DI QUESTUA La questua è una pratica che consiste nella raccolta di offerte da parte dei fedeli per sostenere le attività e le necessità della chiesa. Anticamente si intendeva con questo termine l'opera dei questuanti, ovvero i monaci appartenenti agli Ordini Mendicanti incaricati di elemosinare porta a porta per provvedere al mantenimento dei confratelli. Dobbiamo pensare che gli Ordini Mendicanti vivevano esclusivamente della generosità dei devoti. Questi ordini fiorirono tra il XIII e il XV secolo. Gli uomini che aderivano ad essi abbracciavano i concetti di umiltà, obbedienza e povertà evangelica. Essi praticavano la predicazione ambulante, spostandosi di paese in paese, spesso dormendo all'addiaccio, e rivendicavano una certa libertà dalla giurisdizione vescovile. Inoltre erano uniti da profonda fraternità, che riflettevano anche nel loro comportamento verso chiunque incontrassero, tutti fratelli e sorelle in Dio. Da questi particolari uomini di chiesa nasce il termine frate, che distingue l'appartenente a un ordine mendicante da un monaco. I primi e più importanti tra gli Ordini Mendicanti furono i Domenicani e i Francescani, che con la loro scelta di fede e soprattutto di vita ribaltarono completamente la tradizione monastica. Infatti, a differenza dei monaci, che vivevano chiusi nelle abbazie dividendosi tra preghiera, lavoro e contemplazione, i Mendicanti viaggiavano nel mondo predicando la Parola di Dio. In seguito nacquero altri Ordini mendicanti, come i Frati Minori Cappuccini, di cui fece parte anche Padre Pio. L'OFFERTORIO DURANTE LA MESSA Il significato di questua oggi come ieri risiede nell'atto di generosità e condivisione. Se in passato le offerte erano rivolte al sostentamento dei frati, ed erano spesso costituite non da denaro, ma da beni di consumo, cibo, vino, vestiti, eccetera, col passare del tempo la raccolta di denaro da parte della chiesa è diventato un gesto per contribuire al mantenimento della parrocchia, ma soprattutto un modo con cui i membri della comunità contribuiscono volontariamente per il bene comune. La questua rappresenta un gesto concreto per la chiesa, da parte dei fedeli. Le offerte vengono utilizzate per la manutenzione della chiesa o per altre cause specifiche di comune interesse per la comunità parrocchiale. Ma la questa è anche un'espressione di carità cristiana, un gesto d'amore motivato dallo spirito di carità verso chi è meno fortunato. Come abbiamo visto, il significato della questua era originariamente legato alla donazione di cibo e beni di prima necessità ai frati, che, a loro volta, spesso devolvevano quanto raccolto a chi era ancora più sfortunato e bisognoso di loro, ai più poveri. Così avviene ancora oggi. L'Offertorio è [...] il momento della Liturgia in cui il sacerdote compie l'offerta del pane e del vino a Dio. Contestualmente, i fedeli possono presentare le loro offerte, lasciando piccole somme di denaro in un cestino o nell'apposita borsa da questua che viene fatta girare tra i banchi dai chierichetti o da un assistente del Presbitero. In questo modo la questua si ripropone come gesto simbolico e concreto, simbolico perché avviene proprio nel momento in cui il Sacerdote presenta i doni del pane e del vino, concreto perché, grazie alle offerte raccolte, sarà possibile intervenire con lavori di manutenzione all'edificio o sostenere le iniziative parrocchiali. [...]

18 sept 2024 - 5 min
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Cattolici erranti in cerca di parrocchia

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7752 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7752] CATTOLICI ERRANTI IN CERCA DI PARROCCHIA Non è obbligatorio frequentare la parrocchia dove si risiede, ma non si deve passare di chiesa in chiesa senza sentire l'appartenenza ad una specifica comunità di Don Stefano Bimbi «La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell'àmbito di una Chiesa particolare, la cui cura pastorale è affidata, sotto l'autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore». Così recita il canone 515 §1 del Codice di Diritto Canonico. La domanda che molti fedeli si fanno è se devono frequentare la parrocchia nel cui territorio si trovano ad abitare oppure se possono andare nella parrocchia che preferiscono. Aldo Maria Valli nel suo sito ha pubblicato il 7 luglio 2017 un articolo che parla di una nuova figura di cristiano che l'autore definisce "il cattolico errante": «Si tratta di un bravo cattolico, un po' di tutte le età e le condizioni sociali, che vaga di chiesa in chiesa, di parrocchia in parrocchia. Perché lo fa? Perché, stanco di liturgie sciatte e di chiese brutte, di preti iperattivi o apatici, di parrocchiani sovreccitati o depressi, cerca una chiesa che sia semplicemente normale, con un prete che sia semplicemente prete, una liturgia semplicemente dignitosa, un edificio semplicemente rispettoso del sacro, fedeli semplicemente beneducati». Purtroppo questo tipo di cattolico non si sente più il benvenuto nella sua parrocchia, come spiega ancora Aldo Maria Valli: «Non ne può più di musica per nulla sacra, cori stonati, altoparlanti da discoteca, licenze assurde nella celebrazione. Non sopporta più fedeli chiassosi e sbracati. Non ne può più di chiese orrende, preti che celebrano con le scarpe da ginnastica, tazebao appesi tra una Madonna e un San Giuseppe. Non accetta più di subire omelie irrimediabilmente scontate o troppo immaginifiche. Non gli va più di fare i conti con parroci che sbrigano la messa come fosse una pratica amministrativa o che la trasformano in spettacolo. Ed è anche stanco di essere guardato come un provocatore ogni volta che osa dire come la pensa. Così si mette in viaggio e diventa un cattolico errante». IL CATTOLICO ERRANTE Ma è giusto essere un cattolico errante? Va bene passare di chiesa in chiesa senza sentire l'appartenenza ad una specifica comunità? La risposta è no. Far parte di una comunità di fede è necessario per la propria crescita spirituale e per sentirsi parte della Chiesa. Come ci insegna il Nuovo Testamento gli apostoli annunciavano sì il Vangelo, ma subito dopo formavano delle comunità e vi mettevano a capo uno o più presbiteri per garantire il modello gerarchico voluto da Gesù, ma anche la comunione di fede tra i membri di quella specifica comunità. Non si può essere cristiani isolati da ogni contesto ecclesiale. Né si può crescere nella fede e mantenersi nella retta dottrina senza una comunità di riferimento e un sacerdote che ci guida. Torniamo quindi alla domanda iniziale e cioè se possiamo scegliere la parrocchia che si preferisce. Innanzitutto va detto che non è per nulla obbligatorio frequentare la parrocchia nel cui territorio si risiede. Ciascuno nella Chiesa è libero di andare dove si sente più accolto e soprattutto dove meglio può fare un cammino di fede adeguato alla sua sensibilità e al suo cammino. Certamente per ottenere il certificato di battesimo si deve andare nella parrocchia dove si è ricevuto il battesimo. Chi ha da iniziare la pratica per il matrimonio deve andare dal parroco della parrocchia dove risiede uno dei nubendi. Così per avere la benedizione della casa ci si dovrà rivolgere al parroco del territorio dove è la casa. Invece per tutto il resto, cioè dove andare alla Messa, agli incontri di formazione, al catechismo dei figli, ai ritiri spirituali, ma anche ai pranzi e alle feste, insomma per tutto quello che è vivere in una comunità di fede, senz'altro si può scegliere la parrocchia più adatta. UNO SFORZO DA FARE Ovviamente può darsi che qualcuno si trovi meglio in una parrocchia e altri in un'altra senza che per questo qualcuno faccia la scelta giusta in assoluto, ma semplicemente per lui è la scelta migliore. Quindi se uno si trova bene nella parrocchia che può raggiungere a piedi, buon per lui. Come andrebbe bene se per andare nella parrocchia adatta ci volesse mezz'ora di auto. È uno sforzo che sempre più dobbiamo mettere in conto di fare se vogliamo dare a noi e ai nostri figli una corretta educazione cristiana e umana. A proposito dell'educazione dei propri figli, spesso i genitori scelgono di fargli frequentare la parrocchia dove questi socializzano meglio. Eppure non bisogna dimenticare che lo scopo del catechismo è di imparare la dottrina cristiana. Infatti un tempo il catechismo si chiamava proprio "dottrina". Si diceva "vado a dottrina" intendendo che si frequentava il catechismo. Purtroppo oggi sempre più troviamo impegnata l'ora di catechismo a fare di tutto eccetto che imparare i comandamenti, i sacramenti e le preghiere. Cartelloni, canti, argomenti di attualità... insomma di tutto fuorché la dottrina cristiana. Cosa fare in questa situazione così disastrosa? Direi che non resta che portare i figli in un'altra parrocchia, più adeguata, più fedele alla dottrina, in poche parole... più cattolica. E non solo mandarci i figli, bensì farla diventare la parrocchia di tutta la famiglia e andare lì alla Messa. In conclusione, basta trovare un parroco che possa guidare spiritualmente la propria famiglia nel solco della Tradizione vivente della Chiesa e impartisca validamente e lecitamente i sacramenti in comunione con il Vescovo e il Papa. Se vuoi l'acqua fresca e pura, fare dei chilometri per raggiungere questa oasi non sarà fatica sprecata. L'alternativa è morire di sete.

09 abr 2024 - 7 min
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Portare i figli piccoli alla Messa può essere controproducente

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7714 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7714] PORTARE I FIGLI PICCOLI ALLA MESSA PUO' ESSERE CONTROPRODUCENTE di Don Stefano Bimbi Portare i figli piccoli alla Messa va sempre bene oppure può essere opportuno che rimangano a casa per permettere ai genitori di vivere appieno la celebrazione liturgica? Questa domanda se la sono posta almeno una volta nella vita tutti i genitori cristiani e ciascuno ha pensato di risolverla secondo il proprio giudizio. E non è detto che fosse lo stesso degli altri fedeli o del sacerdote. Molti genitori sono contenti di poter condividere con il coniuge e i figli la Messa domenicale, fieri e gioiosi del loro essere famiglia e del vivere insieme l’incontro con Cristo. Se qualcuno li guarda storto perché i bambini piccoli non stanno in perfetto silenzio questi genitori pensano che gli altri siano degli intolleranti. Ovviamente i bambini, con la loro tenerezza, magari strappano a qualcuno un sorriso di comprensione. In questo caso i genitori si sentono rasserenati e rafforzati nella loro scelta di portarli in chiesa. Se i figli esagerano nel fare confusione, alcuni genitori li portano fuori, ma così si perdono parte della celebrazione. Altri invece restano, facendo finta di nulla, per non darla vinta al figlio, che non ne può più di rimanere perché si annoia, e non si curano delle signore che si girano lanciando delle occhiatacce minacciose e scocciate. Altri genitori portano giocattoli ai bambini in modo che non si annoino e non disturbino, anche se in realtà spesso disturbano lo stesso anche perché "giocare" e "silenzio" non sempre riescono a convivere allo stesso tempo. Tutte queste apparenti soluzioni fanno emergere una prima considerazione: ai bambini piccoli la Messa non serve, né gli interessa. Disturbano le persone circostanti e anche quando non fosse così, almeno il genitore non vive appieno la celebrazione del santo Sacrificio in quanto ha comunque il pensiero sul proprio figlio. QUESTIONE SPINOSA Si capisce come mai la questione sia spinosa e lasci alcuni genitori con un senso di inadeguatezza: pensano di dover trovare a tutti i costi un modo per poter vivere bene la Messa, riuscendo a partecipare adeguatamente con tutta la famiglia. Ma quando si rendono conto che non sono capaci di gestire la situazione possono arrivare a pensare che sia un loro difetto. Alcuni per avvalorare la loro opinione che i bambini vanno sempre e comunque portati alla Messa, citano le famose parole di Gesù "Lasciate che i bambini vengano a me" (Mc 10,14) dimenticando che questa frase è stata pronunciata fuori dal tempio ed inoltre quando Gesù non stava pregando. Quando invece Gesù voleva pregare se ne stava "tutto solo", spesso di notte, oppure era nel tempio con gli altri, ma senza bambini. Tra l’altro quando il vangelo racconta di Gesù che nell’ultima cena istituisce il santo Sacrificio della Messa, non ci parla della presenza di bambini. Citare quindi il vangelo per avvalorare l’ipotesi che i bambini, anche se rumorosi, vadano comunque e sempre portati alla Messa non ha alcun fondamento. Inoltre non si può considerare la questione solo dal punto di vista dei bambini, ma anche dei fedeli che sono presenti alla Messa. Sacrificare un’intera assemblea in preghiera per il pianto di un solo bambino, magari al momento della consacrazione, non è giustificabile. Bisogna ricordare che un conto è venire in chiesa, un altro è partecipare alla Messa. Il silenzio è più benefico di tanti canti e di tante parole. Toglierglielo con i pianti e le scorrerie dei bambini non è un atto di carità e impedisce a molti di pregare. LA GIUSTA SOLUZIONE Per trovare la giusta soluzione a questo problema occorre riflettere su cosa sia la Messa. Si sente dire che è il ritrovo della comunità. Qualcuno si spinge ad affermare che è una festa. Se la Messa fosse davvero un modo per socializzare e magari far festa allora bisognerebbe concludere che è bene che la famiglia partecipi tutta insieme, bambini piccoli inclusi. Ma invece la Messa consiste primariamente nel santo Sacrificio, attualizza cioè la morte in croce di Cristo. Ci rende partecipi dell’evento salvifico come l’hanno vissuto sotto la croce Maria e Giovanni, la Maddalena e Longino. Ebbene, per vivere bene la Messa occorre quindi prendere esempio dalla Madre di Dio che non viveva certo un clima di festa, bensì di "attiva partecipazione" alle sofferenze del Divin Figlio con un silenzio pieno di amore. Ecco che si inizia a intravedere il modo corretto di vivere la Messa e, di conseguenza, anche la soluzione al problema dei bambini piccoli. La Messa non è un pranzo parrocchiale dove ovviamente sono invitati tutti i membri della famiglia. L’idea di partecipare marito e moglie insieme alla Messa risente del clima romantico e fiabesco del "vissero insieme felici e contenti". Per partecipare fruttuosamente alla Messa non sarebbe meglio tornare a separare gli uomini dalle donne? Quando San Bernardino da Siena predicava nelle piazze c’era questa separazione in modo che non ci fossero distrazioni nell’ascoltare i suoi discorsi. Del resto nella società contadina le massaie andavano alla Messa all’alba, mentre i mariti con i figli più grandi partecipavano alle funzioni successive, quando a casa si preparava il pranzo. Non è uno scandalo se marito e moglie vanno separati alla Messa, né se i figli più piccoli, cioè quelli che non riescono a stare in silenzio dall’inizio alla fine, restano a casa con l’altro coniuge. È invece scandaloso che i cristiani non abbiano rispetto del centro della vita cristiana: la santa Messa. Il silenzio è necessario per la preghiera e non si deve tollerare che venga sprecato quello che per molti è l’unico momento della settimana per incontrare Gesù, per ascoltare la sua Parola e vivere la sua passione, morte e risurrezione. I bambini possono e devono apprendere la preghiera in altri momenti. Anzi, forse per loro sono più adeguati. Ad esempio la preghiera prima dei pasti e prima di andare a letto, imparare il segno di croce e magari il rosario in famiglia. GESÙ AL PRIMO POSTO C’è chi dice che è portando i bambini a Messa fin da subito che li si può abituare ad andarci ogni domenica. In realtà non è così. Non potendo per il momento partecipare alla Messa i bambini imparano che per i genitori questa è una cosa seria, come il lavoro o un colloquio importante, e che pur amandoli tanto, babbo e mamma mettono al primo posto Gesù. Così i figli ne sono un po’ incuriositi, fanno domande e quando potranno venire anche loro, ad esempio quando inizieranno a frequentare il catechismo, prenderanno la partecipazione alla Messa come un regalo. Per le mamme alle prese con un neonato vanno dette due cose importanti. Innanzitutto che in chiesa è lecito allattare il figlio, anche durante le celebrazioni. Non è pensabile che a quell’età la poppata sia rimandabile. Inoltre il catechismo della Chiesa Cattolica ricorda al n. 2181 che la cura dei lattanti costituisce un serio motivo per essere dispensati dal precetto della Messa festiva. In conclusione è bene precisare che tutto quanto detto non può, e nemmeno vuole, istituire la legge di non portare assolutamente mai i bambini alla Messa, ma solo che bisogna rispettare i loro tempi di crescita. I bambini si possono portare a condizione che non disturbino la preghiera dei genitori ed anche quella degli altri. Che poi questo vale per tutti. Anche un adulto che chiacchiera con il vicino disturba sé stesso e gli altri. E questo gli si può far educatamente notare, come anche ai genitori che nonostante i figli disturbino non li portano fuori. Non si può pretendere che sia sempre il sacerdote a recitare la parte del "cattivo". Tutti i fedeli sono corresponsabili di quello che accade in chiesa. Del resto a un concerto di musica classica chi fa confusione viene accompagnato all’uscita. La santa Messa non è forse più importante di un concerto di musica classica?

06 mar 2024 - 10 min
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L'abuso della messa prefestiva per avere la domenica libera

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7613 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7613] L'ABUSO DELLA MESSA PREFESTIVA PER AVERE LA DOMENICA LIBERA di Fabio Amicosante Quella di prender parte alla messa vespertina, comunemente chiamata "prefestiva", in sostituzione di quella domenicale, è una tendenza di cui molti fedeli tendono ad abusare. Per capire meglio questo concetto, bisogna tornare alle motivazioni per cui questa è stata introdotta e, soprattutto, riscoprire le effettive circostanze per cui venne data questa opportunità. PAPA PIO XII La Messa vespertina fu introdotta dal Pontefice Pio XII attraverso due decreti: La Costituzione Christus Dominus del 6 gennaio 1953 e il Motu porprio Sacram Communionem del 19 marzo 1957. Attraverso questi due decreti, l'allora Pontefice introdusse anche un'altra importante novità: la riduzione del digiuno eucaristico a tre ore. Come ci ricorda Toscana Oggi, qualche anno più tardi, nel 1972, i Vescovi italiani, durante il pontificato di Paolo VI, stabilirono che si potesse anticipare la Messa domenicale e festiva al giorno precedente. Ma, in tal senso, bisogna tener presente, con estrema attenzione, alle raccomandazioni che i Vescovi dettarono in quell'anno. Il Collegio Episcopale raccomandò infatti di non far ricorso alla Celebrazione prefestiva a meno che non vi fossero "seri motivi familiari o professionali". Dunque, è bene fare uso di questa possibilità concessa, solo in caso di seri motivi e impegni improrogabili, che rendono impossibile la partecipazione domenicale. Tuttavia, sembrano essere sempre più numerose le famiglie che scelgono di prender parte alla Messa vespertina per avere tempo libero la domenica. Abusando di questa opportunità concessa, molti giustificano questa scelta con "impegni" quali sport, svago o turismo. Il direttore di Toscana oggi, in tal senso ha lanciato anche un appello molto importante: "Credo che i Parroci e i consigli pastorali dovrebbero affrontare queste tematiche". C'è infatti, da questo punto di vista, un'estrema necessità di riscoprire il vero significato del "Giorno del Signore" che, per l'appunto, è la domenica. PAPA BENEDETTO XVI Questa necessità di riscoprire l'effettivo significato del Giorno del Signore è una tematica venuta alla luce già qualche anno fa, durante il Congresso Eucaristico di Bari. In quell'occasione fu l'allora Pontefice Benedetto XVI a ricalcare questa tematica durante la sua omelia: «Abbiamo bisogno di questo Pane per affrontare le fatiche e le stanchezze del viaggio. La Domenica, Giorno del Signore, è l'occasione propizia per attingere forza da Lui, che è il Signore della vita. Il precetto festivo non è quindi un dovere imposto dall'esterno, un peso sulle nostre spalle. Al contrario, partecipare alla Celebrazione domenicale, cibarsi del Pane eucaristico e sperimentare la comunione dei fratelli e delle sorelle in Cristo è un bisogno per il cristiano, è una gioia, così il cristiano può trovare l'energia necessaria per il cammino che dobbiamo percorrere ogni settimana. Questo Congresso Eucaristico, che oggi giunge alla sua conclusione, ha inteso ripresentare la domenica come "Pasqua settimanale", espressione dell'identità della comunità cristiana e centro della sua vita e della sua missione. [...] Il tema scelto - "Senza la domenica non possiamo vivere" - ci riporta all'anno 304, quando l'imperatore Diocleziano proibì ai cristiani, sotto pena di morte, di possedere le Scritture, di riunirsi la domenica per celebrare l'Eucaristia e di costruire luoghi per le loro assemblee. Ad Abitene, una piccola località nell'attuale Tunisia, 49 cristiani furono sorpresi una domenica mentre, riuniti in casa di Ottavio Felice, celebravano l'Eucaristia sfidando così i divieti imperiali. Arrestati, vennero condotti a Cartagine per essere interrogati dal Proconsole Anulino. Significativa, tra le altre, la risposta che un certo Emerito diede al Proconsole che gli chiedeva perché mai avessero trasgredito l'ordine severo dell'imperatore. Egli rispose: "Sine dominico non possumus": cioè senza riunirci in assemblea la domenica per celebrare l'Eucaristia non possiamo vivere. Ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane e non soccombere. Dopo atroci torture, questi 49 martiri di Abitene furono uccisi. Confermarono così, con l'effusione del sangue, la loro fede. Morirono, ma vinsero: noi ora li ricordiamo nella gloria del Cristo risorto. È un'esperienza, quella dei martiri di Abitene, sulla quale dobbiamo riflettere anche noi, cristiani del ventunesimo secolo. Neppure per noi è facile vivere da cristiani, anche se non ci sono questi divieti dell'imperatore. Ma da un punto di vista spirituale, il mondo in cui ci troviamo, segnato spesso dal consumismo sfrenato, dall'indifferenza religiosa, da un secolarismo chiuso alla trascendenza, può apparire un deserto non meno aspro».

28 nov 2023 - 6 min
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Non si può benedire per sdoganare il male

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7605 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7605] NON SI PUO' BENEDIRE PER SDOGANARE IL MALE di Don Stefano Bimbi Nella Bibbia il Popolo eletto benedice Dio, cioè lo loda per le sue opere e lo ringrazia per i suoi benefici: soprattutto per la creazione e per la liberazione dall'Egitto operata attraverso Mosè. In questo senso tutta la creazione loda il Signore del cielo e della terra attraverso la preghiera dell'uomo. Significativo in tal senso è il cantico di Sadrac, Mesac e Abdènego, meglio conosciuti come Anania, Azaria e Misaele. Essendosi rifiutati di adorare gli idoli, vengono gettati nella fornace ardente dal re Nabucodonosor. Interessante notare che al re dicono che il loro Dio può liberarli dalle fiamme, ma se anche non lo farà loro gli resteranno fedeli comunque. Per dimostrare la loro fede nel momento della prova benedicono il Signore chiamando tutto il creato ad unirsi a loro: «benedite, sole e luna, il Signore», «benedite, stelle del cielo, il Signore», ecc. (cfr. Dn 3,57-88) Nella Sacra Scrittura però troviamo che anche Dio benedice. Anzi, la prima volta che si parla di benedizione è proprio in riferimento a Dio che benedice gli esseri viventi che ha appena creato: «Dio li benedisse: Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra» (Gn 1,22). La benedizione è legata alla trasmissione della vita. Poiché essa è un dono, la benedizione la moltiplica. Anche gli sposi vengono benedetti da Dio con il dono dei figli. Questa è l'altissima vocazione dell'uomo: partecipare dell'opera creatrice di Dio. Chi blocca la nascita di nuove creature di Dio con qualunque mezzo, contraccettivo o naturale che sia, offende Dio e gli dovrà rendere conto visto che il giorno del matrimonio si era impegnato solennemente ad accettare i figli che Dio voleva donargli. Da notare che quando Dio benedice non loda le sue opere, né loda se stesso, ma effonde sulle sue opere protezione e moltiplicazione. Simbolo privilegiato della benedizione è l'acqua, indispensabile per la vita. Quando gli ebrei vagavano nel deserto avevano il problema della sete. Allora Dio fa sgorgare l'acqua dalla roccia dimostrando così la sua benedizione. Ecco il motivo per cui in genere la benedizione viene data aspergendo con l'acqua. L'acqua benedetta effonde vita, doni, grazie. UNA PAROLA EFFICACE La benedizione data da Dio o anche da parte dei ministri di Dio è una parola efficace. Basta pensare alla benedizione data da Melchisedek, sacerdote del Dio altissimo e re di Salem, ad Abramo. La benedizione ad Abramo e al popolo discendente da lui, cioè gli ebrei, è irrevocabile. Se ci si pensa infatti è l'unico popolo dell'antichità che è arrivato ai nostri giorni. Tutti gli altri popoli sembravano più potenti, tanto che si studiano ancora a scuola, ma sono tutti scomparsi: assiri, babilonesi, fenici, egiziani, ecc. L'unico popolo che è ancora esistente con la sua lingua, cultura e religione (ad esempio gli egiziani di oggi non hanno nulla in comune con gli antichi egizi) è il popolo nato da Abramo proprio perché Dio gli ha dato la sua benedizione e questa è irrevocabile. L'efficacia e l'irrevocabilità delle benedizioni che Dio fa attraverso gli uomini è riconosciuta da Isacco quando si accorge che Giacobbe gli ha estorto la benedizione al posto di Esaù: «Io l'ho benedetto e benedetto resterà» (Gn 27,33). Nel Vangelo Gesù benedice i bambini, e cioè effonde loro salute, protezione, favori divini. Il Signore benedice il pane prima di moltiplicarlo e poi il pane e il vino nell'ultima cena prima di consacrarli nel suo corpo e nel suo sangue. Ascendendo al cielo benedice gli apostoli. Gesù ha comandato agli apostoli di portare pace nelle case, e cioè di benedirle con i suoi favori e la sua protezione. La Chiesa ha quindi continuato il ministero apostolico moltiplicando le occasioni in cui si elargiscono le benedizioni. Le formule di benedizione un tempo erano contenute nel Rituale Romano, mentre oggi sono oggi raccolte in un libro che hanno tutti i sacerdoti chiamato Benedizionale. Oltre alle persone vengono benedette anche le cose, come le abitazioni, le automobili, il sale, l'olio, le uova pasquali, le corone del rosario, ecc. Attraverso la benedizione si conferisce a queste realtà il potere di tener lontano gli influssi del Maligno e di attuare la benevolenza di Dio. Tuttavia questo potere è legato allo stato di grazia e all'uso di quelle realtà secondo il disegno santificante di Dio. Infatti la benedizione non è un sacramento, che opera ex opere operato, cioè per il fatto stesso di aver fatto la cosa, ma un sacramentale. Questo significa che non ha un potere immediato, ma dipende dalla grazia e dalla devozione dei soggetti che ne usano. Ecco perché alcune benedizioni appaiono inappropriate, se non addirittura scandalose e immorali. BENEDIZIONI INAPPROPRIATE, SCANDALOSE E IMMORALI In Italia c'è la bella tradizione della benedizione delle case. Il sacerdote oltre alle case benedice anche i luoghi dove le persone lavorano e vivono anche fuori casa, ad esempio le scuole. Questo è previsto dalla legge italiana ed è sufficiente il consenso del preside e degli organi scolastici per poter procedere con la benedizioni delle classi. Come parroco io ad esempio benedico tutti gli edifici scolastici esistenti nella mia parrocchia: sia quelli comunali che quelli tenuti dalle suore. Oltre alle case e alle scuole si benedicono ovviamente anche i negozi e le ditte. Un episodio accaduto a un mio amico sacerdote ci fa riprendere il discorso sulle benedizioni inopportune. Mentre faceva la benedizione dei negozi che si trovavano in una via del suo paese entrò anche in un nuovo negozio non accorgendosi che era un negozio "particolare": era infatti un sexy shop. Quando se ne è reso conto era troppo tardi perché aveva iniziato la benedizione come al solito. La benedizione in questo caso era in contrasto con la finalità del negozio in questione che invita al peccato e vende tutto ciò che conduce al peccato. Benedizione e peccato sono in contrasto perché Dio non può benedire ciò che contemporaneamente maledice. Situazione analoga si riscontra nel caso in cui si voglia benedire una sede della Massoneria. Questa è l'associazione che ha collezionato più documenti di condanna da parte della Chiesa. Di nuovo, non può un ministro della Chiesa benedire ciò che la Chiesa ha così costantemente e chiaramente condannato in quanto portatrice di una visione del mondo antitetica alla dottrina cattolica. LA BENEDIZIONE DELLE COPPIE OMOSESSUALI Ultimo esempio di benedizione contraria alla morale cattolica è quella di cui si parla tanto in questi ultimi decenni e cioè la benedizione delle coppie omosessuali. La giusta condotta da tenere da parte dei sacerdoti è stata ribadita per l'ennesima volta nel 2021 da un Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso. La sacra congregazione ha ribadito che «non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell'unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso. La presenza in tali relazioni di elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare, non è comunque in grado di coonestarle e renderle quindi legittimamente oggetto di una benedizione ecclesiale, poiché tali elementi si trovano al servizio di una unione non ordinata al disegno del Creatore». «Inoltre, poiché le benedizioni sulle persone sono in relazione con i sacramenti, la benedizione delle unioni omosessuali non può essere considerata lecita, in quanto costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale, invocata sull'uomo e la donna che si uniscono nel sacramento del Matrimonio, dato che non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. La dichiarazione di illiceità delle benedizioni di unioni tra persone dello stesso sesso non è quindi, e non intende essere, un'ingiusta discriminazione, quanto invece richiamare la verità del rito liturgico e di quanto corrisponde profondamente all'essenza dei sacramentali, così come la Chiesa li intende». La risposta al dubium rammenta che la Chiesa «non benedice né può benedire il peccato: benedice l'uomo peccatore, affinché riconosca di essere parte del suo disegno d'amore e si lasci cambiare da Lui. Egli infatti ci prende come siamo, ma non ci lascia mai come siamo». Alla fine il documento conclude che «per i suddetti motivi, la Chiesa non dispone, né può disporre, del potere di benedire unioni di persone dello stesso sesso nel senso sopra inteso». A scanso di equivoci occorre ricordare che Papa Francesco ha dato il suo assenso alla pubblicazione del Responsum ad dubium della Congregazione della Dott

22 nov 2023 - 12 min
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