
Riccardo Cascioli - BastaBugie.it
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Il giornalista Riccardo Cascioli, direttore de "La nuova Bussola Quotidiana", apre uno squarcio sull'Italia di oggi dando una chiave di lettura originale dell'attualità
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7999 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7999] IL PAPA DALLA BONINO: PERCHE' E' UNA VISITA CHE SCANDALIZZA di Tommaso Scandroglio Ennesima escursione di papa Francesco, che lo scorso 5 novembre è andato a trovare Emma Bonino, dimessa da pochi giorni dall'ospedale per una crisi respiratoria. Su X la storica leader radicale fa sapere che Francesco le ha donato «un mazzo di rose e dei cioccolatini». Poi ha aggiunto che è rimasta colpita dall'«avermi detto di essere "un esempio di libertà e resistenza"». Questo «mi ha riempito di gioia». Già altre volte il Pontefice aveva incontrato la Bonino e anche in passato non sono mancati elogi alla sua persona e al suo operato. Nel 2016 la incluse «tra i grandi dell'Italia di oggi» e in un'altra occasione, facendo riferimento all'impegno della fondatrice di +Europa per i migranti, dichiarò che aveva «offerto il miglior servizio all'Italia per conoscere l'Africa». Come giudicare la visita del Papa alla Bonino? Il giudizio purtroppo è negativo. Cerchiamo di spiegarne i motivi. 1) APPOGGIARE L'ABORTO? Prima di tutto domandiamoci: il Papa è andato a trovare un'abortista convinta perché anch'egli appoggia l'aborto? No. Su questo tema la condanna di Francesco per l'aborto è sempre stata chiara. Più volte il Papa ha qualificato chi procura aborti come un killer. Dunque, usando questa stessa immagine del Papa, due giorni fa il Santo Padre è andato a trovare un serial killer, dato che è noto che Emma Bonino prima del varo della 194 ha procurato lei stessa diversi aborti ad altrettante donne. E quindi come tenere insieme questa netta condanna dell'aborto non solo con la visita, ma anche e soprattutto con le parole di apprezzamento per la Bonino espresse nella stessa visita e in occasioni precedenti? Com'è possibile condannare l'aborto e incensare chi non solo ha abortito, ma ha procurato aborti ed è stata una delle figure pubbliche più incisive nella lotta per la diffusione dell'aborto, dell'eutanasia, del divorzio, delle droghe libere, eccetera, nel nostro Paese? Da una parte, come spiegò Stefano Fontana da queste stesse colonne riferendosi anche e proprio alla Bonino, la prassi vince sulla dottrina. La Bonino, secondo il Papa, si adopera in molti campi con merito e quindi occorre darne atto, riconoscerne il valore. Purtroppo, la promozione dell'omicidio prenatale sopravanza per gravità qualsiasi altra iniziativa politica della leader radicale (iniziative, tra l'altro, assai discutibili). Apprezzabile il famoso discernimento purché sia fatto in modo completo individuando non solo i (supposti) meriti, ma anche le colpe. È come se un giudice davanti ad un imputato reo confesso di molti omicidi, lo assolvesse e addirittura gli donasse una grossa cifra in denaro come premio perché ad esempio fa volontariato con i migranti. Si spiegano in tal modo le parole del Pontefice che, di fronte alle critiche per simili attestati di stima verso una nemica giurata della Chiesa, così rispose in un'occasione: «Pazienza, bisogna guardare alle persone, a quello che fanno». Ed è appunto guardando alle persone e a quello che fanno che sarebbe doveroso, per la salvezza dell'anima della Bonino e per evitare scandali tra i fedeli, richiamare la stessa alla verità. Su altro fronte, la decisione del Papa di far visita alla Bonino si spiega facendo riferimento ai concetti di giustizia e misericordia, mal interpretati da Francesco, e alla strategia comunicativa del Pontefice. Partiamo dal primo aspetto. Nella teologia privatissima di Francesco non esiste la giustizia divina. La giustizia è la costante e perpetua volontà di riconoscere a ciascuno il suo. Al buono il premio, al cattivo la pena. 2) INFERNO VUOTO Secondo Francesco occorre premiare tutti, ma proprio "tutti, tutti, tutti" e punire nessuno, ma proprio nessuno, nessuno, nessuno: ecco perché, nella sua prospettiva, l'Inferno sarebbe vuoto. Ecco perché tutte le religioni sono uguali: essendo tutti salvati per ufficio, la Redenzione di Cristo è inutile. Dunque il cristianesimo è inutile e, perciò, ogni religione permette di salvarti per il semplice motivo che Dio salva tutti. In questa prospettiva la misericordia diventa buonismo. Dio ama tutti e vuol davvero salvare tutti. Ma, allo stesso tempo, è evidente che non tutti rispondono al suo amore e dunque non tutti vogliono essere salvati. Il buonismo di Francesco invece salva anche il peccatore impenitente: lo salva a forza, anche contro la sua volontà: il Paradiso sarà pieno non di santi, ma di peccatori. Sotto questa angolatura il peccato abbracciato e mai abbandonato diventa elemento ininfluente, aspetto non scriminante. Ecco perché il Papa, tra l'altro, insiste tanto sul fatto che in confessionale bisogna sempre assolvere, anche quando non ci sarebbero le condizioni per farlo. Dunque, sempre in questa prospettiva, non sarebbe necessario richiamare alla conversione la Bonino - anche perché Francesco più volte ha condannato il proselitismo - perché la Bonino sarebbe già salva. Non importano le battaglie contro la vita e la famiglia da lei sostenute: Emma ha già staccato il biglietto per il Paradiso. Quindi perché andarla a trovare? Solo per starle vicino umanamente in un momento di prova, per accompagnarla in questo tratto di cammino in salita, per farsi prossimo in modo filantropico, lasciando a Santa Marta la carità, perché è parola che richiama l'amore di Cristo crocifisso, realtà non predicabile per un'atea come la Bonino. 3) INCONTRARE PECCATORI MANIFESTI Vi è poi un terzo motivo per cui il Papa probabilmente ha scelto di andare a trovare la Bonino: consolidare l'immagine di un Papa vicino ai lontani, sofferente con i sofferenti (vedasi la foto di entrambi in carrozzina sul terrazzo della Bonino), che non giudica i peccatori, che prende la sua bianca 500X targata SCV e si reca nelle periferie esistenziali (ma non nelle periferie urbane, dato che la Bonino vive in centro a Roma), ma che - è doveroso ricordarlo - non apre la porta del suo studio per ricevere i cardinali dubbiosi e che marca le distanze a danno di chi non si allinea con il suo orientamento. Spiegato quindi il motivo per cui l'incontro è stato reso pubblico o, perlomeno, per cui non si è fatto di tutto per occultarlo alla stampa (dice molto il fatto che un giornalista di Repubblica, prima che il Papa uscisse dalla casa della Bonino, già lo attendesse in strada). Da sempre i pontefici hanno l'abitudine di incontrare peccatori manifesti per ricondurli sulla retta via. Ma lo facevano, il più delle volte, in privato al fine di evitare scandali, ossia per evitare quello che invece sta accadendo in queste ore: molti cattolici sono rimasti sorpresi, per non dir di peggio, nel vedere che il Papa elogia una sostenitrice convinta di aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, divorzio, omosessualità etc. La libertà della Bonino lodata da Francesco è la libertà della donna di uccidere il figlio con l'aborto, dei coniugi di uccidere la famiglia con il divorzio, del malato terminale di uccidersi con l'eutanasia, del gay di uccidere la natura con l'omosessualità, del tossicodipendente di uccidere la propria esistenza. Una libertà necrofila. La resistenza poi sempre elogiata dal Papa non può che essere la resistenza della Bonino al bene e alla verità. Si dirà che così si fa il processo alle intenzioni. Risposta: positivo stare accanto ai sofferenti e a maggior ragione se soffrono la lontananza da Dio, ma sarebbe doveroso, soprattutto in capo ad un Pontefice e soprattutto nei confronti di una persona che si sta avvicinando all'eternità, accompagnare ai gesti di vicinanza gesti di evangelizzazione o almeno evitare di scandalizzare i piccoli nella fede, i quali potrebbero credere che la visita alla Bonino è anche una benedizione apostolica del Papa a tutto il suo operato.

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7788 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7788] CINA INAFFIDABILE, MA PER IL VATICANO L'ACCORDO VA RINNOVATO di Riccardo Cascioli La Santa Sede è intenzionata a rinnovare l’accordo segreto stipulato con la Cina nel 2018 e poi rinnovato ogni due anni. Lo ha detto il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, rispondendo per iscritto a una domanda del corrispondente a Roma di LifeSiteNews, Michael Haynes. L’accordo scade in ottobre, e - ha detto il cardinale Parolin - «noi speriamo di rinnovarlo». E al proposito, ha aggiunto, «su questo punto stiamo dialogando con i nostri interlocutori». Sulla volontà della Santa Sede di andare avanti malgrado il regime comunista cinese si sia dimostrato inaffidabile non c’era da dubitare, visto come è andata in questi sei anni; ma la dichiarazione del Segretario di Stato vaticano è comunque importante. È vero, mancano ancora diversi mesi prima di una decisione ufficiale, ma dopo due rinnovi biennali, quest’anno è attesa l’ultima parola sull’accordo: o diventa definitivo o si lascia cadere. E tutto lascia supporre che, a meno di clamorosi colpi di scena, si vada verso la definitività: la Santa Sede ha già accettato di tutto - compreso l’inaccettabile - pur di arrivarci; il governo cinese a queste condizioni ha solo da guadagnarci, perché può procedere con l’annientamento della Chiesa cattolica con l’avallo vaticano. La questione non riguarda solo la nomina dei vescovi che - ha sempre detto la Santa Sede - è il tema centrale dell’accordo segreto, ma il processo di sinicizzazione della Chiesa cattolica che il regime persegue almeno dal 2015 e che diventa sempre più soffocante oltre che ormai esteso anche alla Chiesa di Hong Kong. IL REGIME COMUNISTA DECIDE E IL PAPA DÀ L’ASSENSO Anche se all’inizio di quest’anno sono stati nominati tre vescovi - Thaddeus Wang Yuesheng per Zhengzhou, Anthony Sun Weniun per la nuova diocesi di Weifang, Peter Wu Yishun per la prefettura apostolica di Shaowu - con l’approvazione del Papa e quindi formalmente secondo gli accordi Cina-Vaticano, nella sostanza appare chiaro che il meccanismo funziona così: il regime comunista decide e il Papa dà l’assenso. Inoltre, pur volendo considerare un fatto positivo la nomina dei tre vescovi con il consenso vaticano, l’applicazione di questa parte dell’accordo non ferma affatto la persecuzione di sacerdoti e vescovi che non accettano la subordinazione al Partito Comunista: ad esempio all’inizio di gennaio, quasi in contemporanea con le tre nomine episcopali succitate, è stato arrestato per l’ennesima volta monsignor Peter Shao Zhumin, vescovo di Wenzhou, non riconosciuto dal governo, reo di non volere aderire all’Associazione Patriottica dei cattolici cinesi (APCC), lo strumento usato dal regime per "guidare" la Chiesa cattolica. Ma episodi del genere così non si contano, così come ostacoli vari frapposti alla partecipazione alle celebrazioni eucaristiche. Ma l’aspetto più rilevante è il fatto che il regime cinese, per qualsiasi atto riguardante la Chiesa cattolica, mai menziona la Santa Sede e il Papa, tantomeno gli accordi. Un aspetto messo bene in rilievo da un recente e illuminante articolo del missionario del Pime padre Gianni Criveller, direttore editoriale di Asia News. È quello che accade in occasione dell’annuncio delle nomine dei vescovi, ma «il silenzio sul ruolo di Roma» è ancora più evidente nel "Piano quinquennale per la sinicizzazione del cattolicesimo in Cina (2023-2027)", approvato il 14 dicembre scorso dalla Conferenza dei vescovi cattolici e dall’Associazione Patriottica (organismi entrambi sotto il controllo del Partito Comunista). Composto dall’equivalente di 3mila parole, diviso in quattro parti e 33 paragrafi, il Piano, dice padre Criveller, «non nomina mai il Papa e la Santa Sede; né l’accordo intervenuto tra il Vaticano e la Cina. Il leader Xi Jinping è invece nominato quattro volte. Cinque volte viene ribadito che il cattolicesimo deve assumere "caratteristiche cinesi". La parola "sinicizzazione" la fa da padrona: ricorre ben 53 volte». Con sinicizzazione si intende ovviamente la totale subordinazione della Chiesa alle direttive del Partito Comunista. L’ABBRACCIO CON IL REGIME COMUNISTA Non è solo una questione di frequenza delle parole, ad essere significativa è «la fermezza e la perentorietà del linguaggio». «Come se non ci fosse stato - scrive padre Criveller - nessun dialogo e nessun riavvicinamento con la Santa Sede; come se il riconoscimento dato dal Papa a tutti i vescovi cinesi non contasse niente; come se non ci fosse un accordo tra la Santa Sede e la Cina che offre al mondo l’impressione che il cattolicesimo romano abbia trovato ospitalità e cittadinanza in Cina». A fronte di questo atteggiamento del regime cinese che evidentemente va dritto per la sua strada, che prevede il totale asservimento della Chiesa alle direttive e alle esigenze del Partito Comunista, la posizione della Segreteria di Stato vaticana appare incomprensibile. Un conto è l’arte della diplomazia, che deve procedere anche per piccoli passi, altra cosa è sacrificare la verità e anche i fedeli cattolici a logiche che sono essenzialmente politiche. È sotto gli occhi di tutti il fatto che per mantenere viva la possibilità di un accordo con il regime cinese, la Santa Sede e il Papa tacciono ormai da anni sull’inasprimento della persecuzione anti-cattolica in Cina, né una parola viene spesa per i cattolici di Hong Kong, sempre più nel mirino anche grazie alla nuova famigerata legge sulla sicurezza nazionale. E ricordiamo che a Hong Kong è stato arrestato e ora è ancora sotto processo il vescovo emerito cardinale Joseph Zen; mentre da tre anni sta scontando il carcere duro l’imprenditore cattolico (convertito) Jimmy Lai, editore di un quotidiano critico con Pechino (e ora chiuso), che in un altro processo in corso rischia addirittura l’ergastolo. La ragion di stato non può giustificare questo silenzio scandaloso che condanna alla persecuzione vescovi, preti e laici fedeli alla Chiesa. Vescovi, preti e laici che già hanno pagato cara la loro fedeltà alla Chiesa e oggi si vedono abbandonati anche da Roma. La determinazione con cui il cardinale Parolin - che su questo ha tutto il sostegno del Papa - sta guidando la Santa Sede all’abbraccio con il regime comunista è preoccupante. E le conseguenze non riguardano soltanto la Chiesa cinese.

VIDEO: Le parole della Boccia sull'aborto ➜ https://www.youtube.com/watch?v=oSHuvgYjE40&list=PLolpIV2TSebVzYmc5B11R08Qd2ib0ZEgL [https://www.youtube.com/watch?v=oSHuvgYjE40&list=PLolpIV2TSebVzYmc5B11R08Qd2ib0ZEgL] TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7776 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7776] CASO BOCCIA, DA DIRITTO L'ABORTO E' DIVENTATO UN DOVERE di Riccardo Cascioli Le polemiche più infuocate di questi giorni hanno il loro epicentro nella trasmissione serale di Rai 3 Che sarà, condotta da Serena Bortone. Ma mentre sul caso Antonio Scurati - lo scrittore a cui è stato bloccato il monologo sul 25 aprile - la conduttrice si ribella e rivendica il diritto di leggere in diretta il pensiero (se così si può definire) di Scurati, sul caso Incoronata Boccia ha fatto calare un imbarazzato silenzio. Cosa ha fatto Incoronata - detta Cora - Boccia, che tra l'altro è vice-direttrice del Tg1? Semplicemente nel corso di uno scambio tra diverse ospiti, ha detto che l'aborto è un delitto e non un diritto: «Lungi da me giudicare persone e storie - ha detto -, si giudica il principio: stiamo scambiando un delitto per un diritto». Apriti cielo, piovono critiche feroci da tutte le parti, giudizi di indegnità a ricoprire un incarico importante nella tv di Stato, dal Pd si arriva fino alla richiesta di dimissioni. Ovviamente sono gli stessi che con la stessa violenza denunciano la censura per il monologo di Scurati. Tutto ampiamente prevedibile, anche Cora Boccia lo aveva previsto, come ha detto in una successiva intervista in cui ha comunque confermato quello che ha detto in tv «parola per parola». Quindi un doppio applauso a Cora Boccia, che ha avuto il coraggio di affermare la verità e di non rimangiarsela dopo gli attacchi personali. E merito ulteriore perché sapeva già in partenza che non sarebbe stata difesa neanche dai politici di centro destra: «Anche la politica ha paura di dire che l'aborto è un omicidio», aveva infatti detto in tv. E così infatti è: ci si è fermati al massimo a difendere il diritto a esprimere le proprie opinioni, ma senza entrare nel merito, anzi preoccupandosi di dire che la Legge 194 non si tocca. Eppure ciò che ha detto la vice-direttrice del Tg1 è esattamente il punto vero della questione: l'aborto è un omicidio. È un dato evidente, una realtà che si impone se si guarda al fatto in sé: oggi, con la tecnologia e le conoscenze che abbiamo a disposizione, nessuno può dire seriamente che non si tratta di una vita, che è soltanto un grumo di sangue. LA FORZA E LA VIOLENZA DELL'IDEOLOGIA E allora come accade che sia un argomento tabù, che chi afferma questa evidenza è trattato come un marziano, ridicolizzato ed espulso dal consesso delle persone civili? È la forza e la violenza dell'ideologia, che occulta la realtà spostando l'attenzione altrove, in questo caso sulla donna: il dramma della donna, la libertà della donna, il diritto della donna. Già, cose in teoria anche legittime, ma non è la donna la principale protagonista della vicenda. È il bambino, cioè la vittima sacrificale. In tutti i discorsi sull'aborto e sulla 194 è il grande assente, si parla solo della donna. E della donna in astratto, si potrebbe dire; perché ad esempio non si parla mai delle donne che hanno avuto l'aborto e si portano dietro il dramma - questo sì - di aver fatto fuori il proprio figlio. Non si parla mai del grande peso che le donne si trascinano tutta la vita per aver rifiutato quel figlio. Ogni tanto qualche caso personale affiora, come recentemente è capitato con Simona Ventura, ma resta confinato a qualche programma di confessioni personali, ma nei grandi dibattiti non è mai un tema di discussione. E si capisce, l'ideologia non può ammettere sconfinamenti nella realtà. Ed è per questo che è violenta; è necessariamente violenta. Se chi comanda decide che il cielo è verde, per forza dovrà tagliare la testa a chiunque alza il capo: potrebbe esclamare innocentemente "ma io lo vedo azzurro!" e tutto il castello di menzogne crollare. È quello che accade anche con il gender o con i cambiamenti climatici: il Potere stabilisce una verità e tutti devono convincersi che sia così, anche se la realtà quotidiana dimostra esattamente il contrario. Così è per l'aborto. Per il Potere non c'è minaccia più grande che affermare con innocenza, osservando la realtà, che si tratta di un omicidio. Per questo reagisce con tanta violenza e impone la sua legge assoluta. L'ABORTO IN ITALIA È UN DIRITTO Fino a stravolgere il senso stesso delle leggi. È vero, l'aborto in Italia è un diritto, checché ne dicano tanti cattolici. Anche se nella Legge 194 non si afferma espressamente questo diritto, è chiaro che se lo Stato - attraverso l'azienda ospedaliera - ha il dovere, a certe condizioni, di garantire l'aborto a chi lo richiede, vuol dire che dall'altra parte c'è un diritto soggettivo. Ma oggi si sta andando oltre, dal diritto si sta passando al dovere: la donna in difficoltà "deve" scegliere l'aborto. Altrimenti non si spiega questa insurrezione contro l'emendamento che prevede l'ingresso di personale pro-life nei consultori, peraltro previsto dalla 194. Se fossero davvero per la scelta della donna, si dovrebbero rallegrare per il fatto che nel consultorio la donna avrebbe la possibilità di valutare tutte le opzioni. Che scelta è se c'è solo una opzione? Così non dovrebbero avere nulla da obiettare a che la donna possa ascoltare il battito del cuore del bambino che ha in grembo, per esprimere un vero consenso informato. Ma non è la libertà e il diritto quello che si vuole. L'aborto sta diventando un dovere: per le donne in difficoltà e per coloro che scoprono di avere un bambino con malformazioni. La semplice realtà è che la nostra società sta scivolando nel totalitarismo, e soltanto il rifiuto della menzogna può invertire la tendenza. L'aborto è un omicidio, la Legge 194 è quella che lo ha introdotto in Italia (purtroppo fin qui non c'è arrivata neanche la Boccia, vedi intervista al Giornale). Perciò chi continua a difendere la 194 - attivamente o non giudicandola per quello che è - vive nella menzogna.

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7670 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7670] LA CRISI GENERA SCISMI: COME QUELLO DI MONSIGNOR VIGANO' di Riccardo Cascioli La voce girava già da qualche mese e ora la notizia è stata rilanciata da alcuni siti tradizionalisti: monsignor Carlo Maria Viganò è stato ri-consacrato vescovo da monsignor Richard Williamson, il vescovo inglese ordinato illecitamente da monsignor Marcel Lefebvre nel 1988 e poi espulso dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) nel 2012. Da allora Williamson, che è scomunicato, si è dedicato alla fondazione di una rete di gruppi che invitano alla Resistenza contro ogni tentativo di normalizzare i rapporti con la Chiesa cattolica romana. La ri-consacrazione episcopale di monsignor Viganò, "sub condicione", significa che l'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti si è convinto della tesi (dapprima sostenuta e poi rifiutata da Lefebvre) che tutti i sacramenti amministrati dopo la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II siano "dubbi", ovvero non sarebbe certa la loro validità a causa delle deviazioni dottrinali operate dal Concilio stesso. Malgrado ci sia qualche smentita che circola online, diverse fonti ci hanno confermato questo passo "scismatico" di monsignor Viganò. E lui stesso, interpellato dalla Bussola con una mail, non ha voluto smentire la notizia, dichiarandosi solo stupito dal nostro interesse attuale per le sue vicende personali. Se dunque fosse confermata ufficialmente la notizia, in questo modo monsignor Viganò sarebbe scomunicato latae sententiae. Questo passo di monsignor Viganò, per quanto clamoroso, non è certo un fulmine a ciel sereno: diventato improvvisamente famoso nell'agosto 2018 con la denuncia pubblica contro papa Francesco, accusato di aver coperto il cardinale pluri-abusatore Theodore McCarrick pur conoscendo la gravità dei fatti che lo riguardavano, il vescovo Viganò ha via via allargato l'orizzonte delle sue critiche: certamente ecclesiali - all'intero pontificato di Francesco, ai suoi predecessori, fino al sostanziale rifiuto del Concilio Vaticano II -, ma anche politiche ed economiche cercando addirittura di mettersi alla testa di un movimento internazionale anti-globalista. Con toni sempre più accesi e giudizi sempre più duri («Papa Francesco falso pastore e servo di Satana», ha detto venti giorni fa a proposito del via libera alle benedizioni delle unioni gay), Viganò ha accompagnato le parole con l'azione tessendo una rete di rapporti culminata nel maggio scorso nell'annuncio ufficiale della nascita di un'associazione da lui patrocinata, Exsurge Domine. Obiettivo dichiarato: fornire assistenza economica e logistica a sacerdoti e religiosi vittime di provvedimenti vessatori da parte dei propri vescovi o superiori, fenomeno che in questo pontificato è diventato decisamente diffuso. LA VERITÀ DIETRO LA FACCIATA In realtà dietro questa facciata che sa di "soccorso bianco" ecclesiastico, si celano anche manovre economiche e immobiliari poco trasparenti, che coinvolgono anche una ex Società di vita apostolica, Familia Christi, prima commissariata e poi sciolta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel dicembre 2019, e le monache benedettine di Pienza (monastero "Maria Tempio dello Spirito Santo") protagoniste di una vertenza con l'arcivescovo di Siena, il cardinale Augusto Paolo Lojudice. Torneremo con altri articoli su questa vicenda, che merita di essere approfondita, ma qui è importante comprendere come Exsurge Domine si presenti come un tentativo di consolidare e istituzionalizzare quella rete di resistenza anti-Francesco che ha visto Viganò negli ultimi due anni ordinare sacerdoti in modo clandestino e anonimo e creare comunità in giro per l'Europa. Fatti molto gravi di cui si hanno ampie testimonianze: come ad esempio per l'ordinazione nel 2021 di due monaci in Francia nel monastero Saint-Benoit a Brignoles, diocesi di Frejus-Tolon, usurpando illecitamente il diritto-dovere di vagliare le vocazioni al vescovo Dominique Marie Jean Rey, peraltro colpito a sua volta dai fulmini vaticani. Diverse altre sono state le ordinazioni illecite e clandestine di monsignor Viganò, con preti poi lasciati a se stessi, costretti a celebrare da soli in casa, non avendo alcun mandato. Ma un caso clamoroso vale almeno la pena citare: quello della diocesi di Milano, dove un parroco di un paesino periferico viene aiutato dall'ex nunzio apostolico a mettere in piedi una sorta di seminario clandestino parrocchiale che segue il rito straordinario. Dapprima viene ordinato diacono un ventenne sprovvisto di formazione teologica nonché dell'età minima richiesta dal diritto canonico. Ma poi nella primavera del 2023 si rompono i rapporti tra Viganò e il gruppetto ambrosiano: Viganò si rifiuta di ordinare sacerdote il novello diacono, che rimane così in una situazione di limbo. Negli ultimi mesi sono state anche insistenti le voci su una già avvenuta consacrazione episcopale da parte di monsignor Viganò, ma non abbiamo ancora trovato una conferma certa del fatto già avvenuto anche se tale intenzione - sull'esempio di quanto fatto nel 1988 da monsignor Marcel Lefebvre - è stata espressa con chiarezza. Monsignor Viganò compirà la settimana prossima 83 anni ed evidentemente sente l'esigenza di fare presto per consolidare la sua realtà. UNA CHIESA A PROPRIA MISURA Così lo scorso 2 dicembre ha annunciato che nella struttura monastica dell'Eremo della Palanzana a Viterbo, che sta venendo ristrutturata con i soldi raccolti attraverso una campagna di fund-raising inizialmente finalizzata a dare un luogo alle monache di Pienza, si stabilirà una casa di formazione per chierici che prenderà il nome di Collegium Traditionis. In questo Eremo sono attualmente residenti i quattro chierici della ex Familia Christi che condividono con monsignor Viganò il progetto e la succitata operazione commerciale-immobiliare di cui ci occuperemo nei prossimi giorni. Insomma Viterbo, nei disegni di monsignor Viganò, che già ci trascorre molto tempo, dovrebbe diventare la nuova Écône, la cittadina svizzera sede del seminario internazionale della FSSPX. E con la notizia della ri-consacrazione episcopale diventa ancora più chiara la natura scismatica di questo nuovo movimento. Grazie al consenso costruito in questi anni attorno alla figura di monsignor Viganò, fustigatore di questo pontificato, è facilmente prevedibile che anche questa iniziativa porterà molti fedeli fuori dalla Chiesa, oltretutto in conflitto con altre iniziative del genere. È il dramma che sta vivendo la Chiesa: alla crisi provocata da chi vuole ostinatamente capovolgere la dottrina rivelata, si oppongono personalità che a loro volta, pur partendo da analisi giustificabili, si illudono di trovare una soluzione nel costruirsi una Chiesa a propria misura. Una strada già fallita, come ebbe modo di scrivere Benedetto XVI nella lettera-riflessione dedicata agli abusi sessuali e pubblicata nell'aprile 2019: «Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo creare un'altra Chiesa affinché le cose possano aggiustarsi? Questo esperimento già è stato fatto ed è già fallito. Solo l'amore e l'obbedienza a nostro Signore Gesù Cristo possono indicarci la via giusta». E questo amore e obbedienza passa dal perseverare nella Verità dentro la Chiesa cattolica.

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7662 [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7662] BENEDIZIONE COPPIE GAY, TUTTI GLI INGANNI DI FIDUCIA SUPPLICANS di Riccardo Cascioli e Stefano Fontana In queste righe La Nuova Bussola Quotidiana e l'Osservatorio Cardinale Van Thuân propongono una valutazione complessiva della Dichiarazione Fiducia supplicans. Abbiamo lasciato passare un certo tempo dalla sua pubblicazione per favorire una riflessione accurata e completa. Infatti, la Dichiarazione pone molte gravi questioni da affrontare distintamente ma anche e soprattutto in un quadro unitario. Essa sembra aver compiuto un passo fatale, un giro di boa nella dottrina e nella prassi della Chiesa, un limite sembra essere stato decisamente superato. Alcuni commentatori hanno parlato di "disastro" e di "scandalo". Per questo serve una analisi responsabile e completa. ALCUNE OSSERVAZIONI FORMALI La Dichiarazione è stata pubblicata il 18 dicembre 2023. È firmata dal Prefetto, il cardinale Victor Manuel Fernández e, con la formula ex audientia, da papa Francesco. Non è stata esaminata dall'assemblea del Dicastero per la dottrina della fede, ma solo, come si legge nel testo, dalla Sezione dottrinale. La formula dell'approvazione pontificia è tra le più deboli: sembra dire solo che il papa è stato informato, il che contrasta con la grande rilevanza magisteriale che ha una Dichiarazione. Una cosa simile era accaduta per il Responsum del 2021 che, come noto, diceva il contrario e verso il quale Francesco non aveva nascosto la sua insofferenza. In quel caso, in calce al testo, si diceva solo che il papa era stato informato. Vanno anche notati due altri aspetti formali della Dichiarazione. Il primo è che la maggior parte dei riferimenti magisteriali fanno capo a interventi di Francesco. Non ci sono mai stati documenti così limitati quanto a riferimenti al magistero precedente. Vi si dice che la Dichiarazione è "basata sulla visione pastorale di Papa Francesco", come se questa fosse un unicum. Il terzo è che l'argomentare del testo è molto debole e il suo livello sfigura se paragonato alla struttura argomentativa, per esempio, della Dominus Jesus (2000), che pure era una Dichiarazione come questa, ossia un documento di alto rango magisteriale. LA TESI CENTRALE DELLA DICHIARAZIONE Fiducia supplicans sostiene che la dottrina cattolica sul matrimonio e sulla sessualità rimane immutata e che le nuove indicazioni in essa contenute sono solo pastorali e, come tali, completano, senza negarlo, il Responsum del 2021, che si sarebbe limitato solo al campo dottrinale. La novità pastorale consisterebbe in una revisione del significato delle benedizioni, prevedendo, oltre alle benedizioni già dottrinalmente chiarite che avvengono in contesti liturgici, anche benedizioni in contesti non liturgici che la Dichiarazione chiama "privati" o "spontanei". Questi argomenti non hanno un fondamento plausibile. Se a benedire non è un laico, come per esempio un padre che benedice i figli, ma un sacerdote, quella benedizione è già di per sé liturgica, anche se non segue una formulazione predisposta dall'autorità competente. È liturgica nella sostanza, perché data da un sacerdote e quindi coinvolge la Chiesa. Non si tratta solo di osservare che una tale benedizione solo pastorale e non liturgica non è stata mai prevista dalla Chiesa, ma anche che non esiste e non è stata prevista e normata perché non può esistere. Con la qual cosa cade un altro aspetto di quanto sostenuto dalla Dichiarazione e cioè che la benedizione non sia una approvazione della situazione di vita della coppia che viene benedetta, ma solo l'invocazione dell'aiuto di Dio per dare ai due la forza di sviluppare gli aspetti positivi della loro relazione, come per esempio la cura reciproca e l'aiuto nelle difficoltà della vita. Questa prospettiva cade per due motivi connessi con quanto visto sopra: il primo è che il contesto già di per sé liturgico, data la presenza del sacerdote, non permette di benedire una realtà pubblica in grave contrasto con la legge di Dio, il secondo è che quegli eventuali aspetti positivi sono all'interno di una relazione di coppia di violenta strumentalizzazione reciproca anche se consenziente, che li deturpa: se i due si fanno violenza reciproca come possono aiutarsi? SULLA "COPPIA" La benedizione è un sacramentale e, come tale, richiede da parte di chi la riceve una adeguata disposizione tramite il pentimento e la volontà di uscire da un certo stato di vita. A queste condizioni la benedizione può essere data anche alla singola persona che sia in stato di peccato. In questo senso sì che la benedizione è una apertura alla volontà di Dio e una richiesta del suo aiuto per confermare e fortificare il pentimento e la decisione di cambiare vita. Ma questo non avviene quando la benedizione viene data ad una coppia irregolare, eterosessuale od omosessuale che sia. In questo caso la situazione di vita delle persone coinvolte viene riconosciuta, confermata e giustificata. Se i due vengono benedetti in coppia, si riconosce che quella sia una coppia, anche se non lo è, perché si tratta di due individui che si strumentalizzano a vicenda per vari loro interessi particolari. Ciò vale non solo per la coppia omosessuale ma anche per la convivenza di fatto tra uomo e donna. La complementarità qui, a differenza che nel precedente caso, sembra esserci, ma così non è perché i due non rispondono ad una vocazione, con i rispettivi doveri indisponibili, ma solo ad un loro patto individuale. Benedire una coppia che non è una coppia, vuol dire confermare il falso. Inoltre, se i due ricevono la benedizione in coppia è evidente che non intendono separarsi, perché la chiedono in quanto coppia. Non ci sono pentimento e volontà di cambiare vita e quindi mancano le condizioni per la benedizione. Si può tornare a dire che vengono benedetti non gli aspetti violenti e contro-natura della loro relazione ma solo quelli positivi da cui ripartire, ma si è visto sopra che questi aspetti positivi rimangono deformati dalla qualità negativa della relazione di coppia, possono esserci nelle singole persone ma non nella coppia. LA PASTORALE CHE MODIFICA LA DOTTRINA Come si è visto, Fiducia supplicans conferma la dottrina di sempre sulle benedizioni delle coppie irregolari, però poi inventa una nuova benedizione solo pastorale. Questo ambito neutro – ossia la benedizione solo pastorale - non esiste perché, come si è visto, ogni benedizione è pubblica e liturgica per sua natura, in quanto impartita da un sacerdote. Volendo invece sostenere questa indipendenza, si ritiene possibile una benedizione che non tenga conto delle esigenze dottrinali. La presunta pastorale neutra, che non dovrebbe intaccare la dottrina, si trasforma perciò nella richiesta di una nuova dottrina a proposito di se stessa. La pastorale non ha una propria indipendenza o autonomia dalla dottrina, come invece molte correnti teologiche contemporanee sostengono, dato che quando si afferma tale indipendenza lo si fa enunciando una dottrina, appunto la dottrina della indipendenza della pastorale dalla dottrina. La prassi non sta senza teoria, né tantomeno può essere creatrice di teoria: quando esprime questa pretesa lo fa teoreticamente. Quindi la soluzione pastorale non può rimanere solo pastorale ma, dato che nega la dottrina (nonostante le assicurazioni in senso diverso che a questo punto si mostrano strumentali) intende se stessa come non dipendente dalla dottrina, ossia atta a cambiare la dottrina stessa. Si tratta di un esito inevitabile: le nuove benedizioni ritenute solo pastorali sono anche dottrinali, sia perché negano la propria dimensione dottrinale esprimendo una nuova dottrina, sia perché implicitamente ne richiedono la riformulazione. In esse è già implicitamente contenuta una nuova dottrina. Anzi, chi le propone ha già la nuova dottrina in mente che intende però perseguire per via pastorale, ossia per via indirettamente dottrinale piuttosto che per via direttamente dottrinale. Non si tratta di cosa nuova, dato che a cominciare da Amoris laetitia abbiamo avuto già importanti anticipazioni della tendenza a fare delle esigenze pastorali occasioni per trasformare le circostanze in eccezioni e, quindi, spingere per processi di rinnovamento dottrinale, pur non dicendo che li si vuole, anzi sostenendo che le dottrine precedenti rimangono confermate. GLI ASTUTI SOFISMI DEL MAGISTERO Con le osservazioni ora viste abbiamo toccato l'argomento delle astuzie della Dichiarazione Fiducia supplicans, che pretende di dire senza dire e, quindi, è ingannevole. Il discorso andrebbe però allargato all'intero attuale pontificato, ove i giochi di parole e l'utilizzo di un linguaggio non teologico ma da "chiacchiera sociale" si è manifestato in moltissime occasioni. Su questo fronte l'Esortazione Amoris laetitia è il testo più rappresentativo, anche se per niente unico. Le domande senza risposta che veicolano un messaggio non dichiarato, i periodi impostati sul "sì ... ma" che insinuano eccezioni alla norma, l'ambiguità di molte espressioni (ricordiamo per esempio "l'eucare
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